InfoOggi Cinema
Guido Lombardi, candidato ai David: "Vengo al Sarno Film Festival e mi racconto a Radio Kolbe"
NOCERA INFERIORE, 14 APRILE 2012 - Si avvicina la II edizione del Sarno Film Festival, la kermesse su cinema e diritti che l'anno scorso ha conosciuto l'importante partecipazione del noto regista Abel Ferrara. Tema di quest'anno è il principio d'uguaglianza, a conferma della salda cultura costituzionale e civile che presiede allo sviluppo del progetto.
Testimonial di questa edizione del Sarno Film Festival sarà il film vincitore del Leone del Futuro e del Premio Kino al 68° Festival di Venezia, La-Bàs - Educazione Criminale, ed il suo regista appena candidato ai David di Donatello come regista emergente, Guido Lombardi. Radio Kolbe, media partner che dedicherà uno special al Sarno Film Festival, l'ha intervistato nella scorsa puntata di Social Radio, condotta da Antonio Maiorino, Giuseppe Ruotolo e Gaetano Romano, con ospite speciale Dea Squillante, Presidente dell'Associazione "Il Cantiere dell'Alternativa", per approfondire la tematica del cinema d'impegno sociale e civile, pietra d'angolo dell'organizzazione della rassegna-concorso di corti. Infooggi seguirà il Festival recensendo i corti in concorso e le rassegne complementari.
A. M: è uscito il 12 marzo Là-bas – Educazione Criminale, che sarà testimonial del Sarno Film Festival, al quale prenderai parte il 12 maggio. Dopo Venezia, dunque, i riflettori sono meritatamente puntati, di nuovo sulla tua opera. C’è chi si sofferma sui contenuti, a mo’ di cineforum, e chi sul linguaggio cinematografico, a mo’ di cineclub: ma io credo che un film sia un tutt’uno difficilmente scindibile. Ed allora ti chiedo: in che modo il fattore tecnico, il piano sequenza, l’uso di una fotocamera 5D, le ambientazioni contribuiscono a raccontare la storia tutta italiana, e tutta straniera, di Yussouf?
GUIDO LOMBARDI: Non avevamo grandi mezzi. La 5D è una macchina fotografica che quasi per caso fa video in qualità HD. È stata una scelta obbligata, ci è sembrata uno strumento cinematografico dai costi non eccessivi. La povertà di mezzi c’è un po’ in tutti i settori coinvolti nella realizzazione di un film, ma nonostante questo, grazie anche all’efficacia di ragazzi che non sono attori professionisti, la storia risulta efficace e credibile. La mia opinione da regista che ci ha lavorato, è che, se da una parte ho cercato con la camera a spalla di restituire un certo realismo, comunque ci sono dei momenti che mi viene da definire riflessivi, con lunghi piani sequenza che interrompono quel frenetico susseguirsi d’immagini della camera a spalla, per sottolineare determinati momenti e punti utili alla narrazione.
G. R: A parte Esther, che interpreta Suad, il cast è composto interamente da non-attori, una scelta che ci ricorda quella del film francese La classe premiato a Cannes. Come è stato lavorare con loro? Quali sono state le difficoltà?[MORE]
GUIDO LOMBARDI: Sugli attori c’è un discorso particolare. Io conosco personalmente da anni i due protagonisti, Kader e Moussa, il nipote e lo zio. Ho scritto la sceneggiatura immaginando loro come protagonisti del film, anzi, addirittura quando eravamo alla ricerca di soldi per realizzare il film, avevo estrapolato dalla sceneggiatura la scena 46, l’avevamo girata con le telecamere, ma eravamo soltanto io, loro due e due amici, e con questa scena giravo tra i produttori alla ricerca di soldi evidenziando come i ragazzi fossero assolutamente in grado di recitare e di reggere la parte: una sorta di saggio delle loro capacità recitative. all’altezza. Poi altri attori importanti, come Billi che interpreta Germain, li ho scovati tramite provini che si sono succeduti negli anni. C’è stata una prima tornata di provini poi interrotta per mancanza di soldi, quando ne abbiamo avuti abbiamo continuato. Da una parte non ci sono tanti attori africani in Italia, e questo sicuramente era un dato da tenere in considerazione. Mi sono lanciato direttamente alla ricerca di ragazzi che fossero in grado di sostenere le parti: i miei provini sono abbastanza faticosi e già lì ti rendi conti se uno ce la fa o non ce la fa. Sui provini si potrebbe fare un documentario.
G. R: il film scatta una fotografia di grande realismo sulla situazione dell’immigrazione, ma solo nel finale, forse, lascia emergere uno spiraglio di speranza... pensi che il problema italiano più grande sia legislativo o culturale?
GUIDO LOMBARDI: Credo che siamo un popolo abbastanza razzista. Me ne sono reso conto nel momento in cui ho realizzato Là-bas, in cui è apprezzato e considerato innovativo il fatto che io abbia adoperato un punto di vista interno alla comunità africana....
A. M: pochi personaggi bianchi, infatti...
GUIDO LOMBARDI: esatto... il fatto che questo sia considerato innovativo, denuncia la difficoltà degli italiani ad immedesimarsi in una realtà altra. Prendi un film italo americano che vuole parlare della mafia: non è che racconti la storia di quello che viene in contatto con l’immigrato italo americano, racconti Il Padrino. Il fatto che questo mio punto di vista sia ritenuto così innovativo, mette in evidenza un certo ritardo culturale nel mettersi nei panni degli altri.
A. M: discorsi del genere furono fatti dall’entourage di Crialese a Venezia in occasione della presentazione di Terraferma. Sempre a Venezia, è stato premiato anche Scialla di Francesco Bruni ed è stato applaudito un film come Maternity blues di Fabrizio Cattani, che sta anche girando l’Italia con l’associazione Intervita per parlare del tema della depressione post-parto. Esiste secondo te una leva di registi italiani capaci di promuovere temi impegnati anche con maggiore visibilità dei cosiddetti cinepanettoni?
GUIDO LOMBARDI: Io sono abbastanza pessimista. Quest’annata come esordi è stata una bella annata, visto che Là-bas ha vinto un bel premio, ci sono stati Andrea Segre con Io sono Li, Sette opere di misericordia dei fratelli De Serio e tanti altri che purtroppo faticano parecchio ad avere visibilità, soprattutto quando s’interessano di temi importanti come l’immigrazione o discorsi simili. Non credo che raggiungeranno mai una grossa visibilità. Si affacciano nelle sale... Là-bas è uscito in dieci-dodici copie. Sono film importanti e necessari, ma difficilmente arrivano al grande pubblico, e difficilmente innestano, per questo motivo, un dibattito culturale. Si è parlato di Terraferma, di Io sono li, di Là-bas... ma non è che poi sui media si sia parlato di immigrazione.
G. R: nel 2008 ci fu la strage di Castelvolturno, allorché un gruppo di camorristi irruppe in una sartoria di immigrati africani e sparò all’impazzata facendo sei vittime. La prima sceneggiatura del film risale però al 2006, poi hai giustamente valutato di inserire nel film quel tragico evento. In che modo lo ha modificato dal punto di vista artistico e dello sviluppo della storia?
GUIDO LOMBARDI: In realtà la storia che avevo scritto nel 2005-2006 con la collaborazione, ci tengo a sottolinearlo, di Kader e Moussa, già raccontava lo scontro tra clan africano ed il clan dei casalesi, in quel periodo diventato noto grazie a Gomorra. Già erano previsti scontri a fuoco, quindi è stato molto semplice trasformare quanto programmato nelle sceneggiatura iniziale nell’episodio di cronaca tragicamente verificatosi. Non avrei mai immaginato che le vittime sarebbero state innocenti come ha dimostrato poi la sentenza e le indagini. Mi colpiva della strage di Castelvolturno il fatto che quelli erano andati a sparare con l’intenzione non solo di uccidere, ma di uccidere qualsiasi africano che avessero trovato. Nella loro logica perversa, si trattava di mandare un messaggio al clan. In questo atteggiamento razzista, ho visto una versione estrema e paradossale di quell’atteggiamento che è di tutti noi italiani, nel considerare gli immigrati come unicum, come massa indistinta all’interno del quale non esiste individualità. Questa mentalità è prodotta dal nostro territorio, dove viviamo anche noi.
A.M: ultima domanda, da cinefili. Faccio qualche nome di regista... puoi scegliere un nume tutelare o prendere le distanze... partiamo da Matteo Garrone.
GUIDO LOMBARDI: Gomorra mi ha colpito tantissimo, in effetti.
A.M: È stato l’anno dei fratelli Taviani...
GUIDO LOMBARDI: Ancora devo vedere “Cesare deve morire”, rimedierò a breve.
A.M: Dal punto di vista tecnico, vien da pensare a Tarkovskij...
GUIDO LOMBARDI: Mi sono sparato tantissimi film del regista russo, soprattutto per studiare le carrellate lente che diventano un po’ oniriche. Un altro punto di riferimento è stato, a contrariis, Il profeta di Jacques Audiard. Racconta anch’esso un’ascesa criminale: a contrariis perché la mia ascesa è frustrata, per fare in modo che lo spettatore venisse a patti... quando vedi un gangster movie, infatti, ti esalti con le gesta del protagonista, anche se fa un percorso nel male. Nel mio caso, invece, il protagonista africano non riesce a sviluppare questa tendenza al male, perché non è la sua strada.
(in foto: un ciak dal set di Là-bas)
Antonio Maiorino