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Grande attesa per i Wilco a Bologna. Si esibiranno all'Estragon venerdì 9 marzo

BOLOGNA, 8 MARZO 2012 - Qualcuno li ha definiti la “Bibbia del Rock”, inventori di un rock dal codice universale. Affondano le loro radici nel roots-rock, integrano poi con il country, il folk e imbastardiscono il tutto, a volte, con noises elettronici.

Rock band americana di Chicago, imponente nel panorama musicale contemporaneo, ha rimodellato il “masso”, la “roccia”. Formidabile e unico stile, sperimentale, alternative, che incanta dal 1994, da quando Jeff Tweedy, leader eclettico della band (ex degli Uncle Tupelo), “ha captato il messaggio e l’ha eseguito”, attenendosi alla parabola (etimologica) di WILCO, contrazione dell’espressione usata in aviazione “will comply”. Il messaggio è stato trasmesso chiaro e forte e impresso in chi da sempre li ama e li segue anche nelle tappe italiane (Ferrara sotto le stelle, Firenze, Bologna, Milano), dove radunano migliaia e migliaia di cultori della buona musica, dell’indie rock.[MORE]

Da A.M. a Being There, i due primi album, fino ai più conosciuti e venduti Yankee Hotel Foxtrot (2002) e Sky Blue Sky (2007), successi commerciali e di critica, il primo dei due rientra tra i migliori 100 album del decennio per Rolling Stone; e poi Wilco (the album) (2009) e nel settembre 2011 arriva l’ottavo e ultimo album The Whole Love, dalle atmosfere riflessive e dalle ballate acustiche in Black Moon e dai suoni bizzarri, rumoristi e distorti in I Might.

Un treno in corsa che, dal 1994 ad oggi, viaggia senza fermate. Le uniche stazioni dove i/gli (ad libitum) Wilco approdano sono i numerosi teatri, le selezionate e bellissime piazze italiane e internazionali, i locali di nicchia dove i sold out sono ormai un vezzo. Mi concedo ancora qualche descrizione retorica e usi “similitudineschi” per farvi capire cosa sono gli Wilco: scattare una foto e cogliere un dettaglio, uno sguardo, una mano che sfiora il viso, labbra semiaperte; osservare le nuvole in cielo e racchiuderle fantasiosamente in reali forme; incantarsi e perdersi per istanti pur parlando con qualcuno; camminare in una folla, alienarsi per attimi e accorgersi improvvisamente di qualcosa di non ordinario… insomma ascoltare i Wilco (e dal vivo ancor di più) è come andare in estasi, uscire dalla routine quotidiana, liberarsi da ogni ormeggio; questo è ciò che rappresentano: sfumature, dettagli, particolari, minuzie, tutto ciò che si coglie quando l’occhio, l’orecchio, il cuore, si sofferma e “vede”, “ascolta”, “sente”. Forse per me rappresentano questo, ma vi convincereste dell’egual cosa ascoltandoli.

È difficile, anzi impossibile, trovare un pezzo simile ad un altro; in otto album, ogni motivo varia con poliedricità e versatilità, collaudando la ricercata sperimentazione dei Wilco. Storie non troppo felici, malinconici racconti, mescolati ai suoni di un’anima inquieta, quella di Jeff Tweedy, che urla al mondo il lato oscuro, le contraddizioni e l’ipocrisia celata dietro ai falsi sorrisi dei politici dell’America di oggi.

I Wilco sono la rivoluzione del ventunesimo secolo, ciò che Bob Dylan fu per gli anni ’60; quest’ultimo fu rappresentativo di una protesta e di una denuncia idealistica, utopica, visionaria e poetica, i Wilco, di questa denuncia cercano di riscoprirne il senso concreto, indagando sulla propria identità, sulla propria coscienza e intimità. Insaziabili di originalità, in continua metamorfosi, i Wilco vanno ascoltati perché fanno bene al cuore.

(Immagine da www.glidemagazine.com)
 
Rachele Bonacci