Governo, l'emendamento che conferma il falso in bilancio ad-personam di Berlusconi
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ROMA, 15 GENNAIO 2015 - A Palazzo Chigi è ridondante, da qualche periodo, il sostantivo soglia: dopo la gaffe, farcita di polemiche, dietrofont, smentite ed ammissioni sulla norma salva-Berlusconi, ecco che la 'manina', cotanto innamorata delle soglie, è tornata all'opera.
[MORE]Ma procediamo con ordine. Nel cronoprogramma dell'attività dell'esecutivo, Renzi colloca fra le priorità la tanto attesa riforma della Giustizia. Fra gli slogan dell'ex sindaco fiorentino e del Ministro Andrea Orlando, anche quello di un ritorno alle origini per il falso in bilancio, reato depotenziato dodici anni prima dal leader azzurro Silvio Berlusconi e che rese, a detta di molti, sostanzialmente spesso impunibile il reato stesso. Si ricordano bene le reazioni di allora: non si perse tempo ad urlare alla vergogna per una legge ad-personam, visto che proprio quella modifica legislativa interessava un reato per il quale lo stesso Berlusconi era sotto procedimento a Milano, il processo Sme. E il lavoro del Cav ebbe, alla fine, proprio gli effetti desiderati: per effetto di quella modifica, cinque anni dopo, la Cassazione lo assolse perchè il fatto non costitusice più reato. Il "trucco" fu semplice: alla norma fu aggiunta una soglia di non punibilità, esplicitata dall'art. 2621 del Codice Civile nella riformulazione berlusconiana del 2003: "la punibilità è comunque esclusa se le falsità o le omissioni determinano una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle imposte, non superiore al 5 per cento o una variazione del patrimonio netto non superiore all' 1 per cento". Mai ha finito di destare polemiche la suddetta norma. Tanto che, oltre ai manettari anti-Cav prima e anti-Renzi ora, hanno rilevato la necessità di intervenire sul testo pure autorevoli esponenti della maggioranza. Appena insidiatosi a Palazzo Madama, Piero Grasso presentò il primo disegno di legge della XVII legislatura in materia di anticorruzione. Lo stesso ddl venne poi "accantonato" in Commissione Giustizia dal Governo nonostante le sollecitazioni del Presidente del Senato, in vista della presentazione di un proprio testo onnicomprensivo in tema di riciclaggio e corruzione, annunciando in pompa magna per bocca del Guardasigilli, in una conferenza stampa del 29 agosto 2014, l'intervento anche sul falso in bilancio.
Il Governo batte un colpo solo agli inizi del nuovo anno: passano gli scandali Expo e Mose, e l'8 gennaio l'esecutivo presenta il proprio pacchetto di emendamenti al disegno di legge 19 (che comprendeva il ddl Grasso) in Commissione Giustizia. E qui, secondo la denuncia dei senatori del Movimento 5 Stelle, la manina proprio non ha resistito, appassionata com'è delle soglie. Nella nota pubblicata, i pentastellati evidenziano come, in un primo momento, il testo presentato dalla maggioranza includesse, effettivamente, la modifica dell'art 2621: sparivano le soglie di non punibilità introdotte dai berluscones e si inasprivano le pene fino a 6 anni. "Ma all'improvviso è spuntata la magica manina che ancora una volta ha cambiato le carte in tavola:" - continua la nota - "con un emendamento presentato al testo base della Commissione, il governo ha mantenuto quelle cause di non punibilità che erano state introdotte da Berlusconi". E, a dir la verità, la manina ha dimostrato di non aver neppure molta fantasia. L'emendamento 7.10000 recita infatti: "la punibilità è comunque esclusa se le falsità o le omissioni determinano una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle imposte, non superiore al 5 per cento o una variazione del patrimonio netto non superiore all' 1 per cento". Totalmente uguale, perfetto copia-incolla del testo berlusconiano della norma, con relativo reinserimento delle clausole di non punibilità. A dire il vero, rimarrebbe l'inasprimento delle pene. Ma conta evidentemente poco se si lascia la libertà di falsificare i bilanci fino al 5% del lordo: la nuova norma finirebbe per non punire fattispecie diverse da quelle sarebbero punite con l'attuale norma. A tutto vantaggio, ovviamente, di chi ha un lordo a tanti zeri, per i quali il 5% potrebbe significare una cospicua somma di denaro da destinare, magari, proprio alla corruzione.
Salvatore Remorgida
(Ph. ilfattoquotidiano.it)