Cronaca

Gli zii parlano con Eitan, 'andiamo in Israele'

Gli zii parlano con Eitan, 'andiamo in Israele'. Si cerca intesa per rientro. Nonno,mai ricevuto divieto espatrio
PAVIA, 15 SET - Sono pronti ad andare in Israele per rivedere Eitan gli zii paterni e in particolare Aya, sua tutrice legale. E comunque tendono una mano per riallacciare il "dialogo", per il bene del bambino unico sopravvissuto al disastro della funivia del Mottarone, nel quale ha perso padre, madre, fratello e bisnonni, col ramo materno della famiglia, anche dopo che il nonno Shmuel Peleg l'ha portato quattro giorni fa a Tel Aviv e ora è ai domiciliari accusato di rapimento.

E ciò in cui sperano di più è un'intesa, al di là delle vie giudiziarie, tra Italia e Israele che permetta il rientro "il più presto possibile" del piccolo a Pavia, "la sua casa", anche se sanno che la "strada può essere lunga". Il Ministero degli Esteri in una nota verbale inviata nei giorni scorsi all'ambasciata israeliana a Roma ha scritto che l'Italia "conta sulla collaborazione di Israele per una soluzione concordata della vicenda, nell'interesse superiore del minore".

E Israele ha risposto che "agirà in cooperazione con l'Italia, per il bene del minore" e gestirà "qualunque richiesta, pervenuta attraverso i canali appropriati, in conformità della legge e dei trattati internazionali pertinenti". Mentre sul fronte dei legali italiani della zia Aya si punta anche sull'istanza di avvio della procedura della Convenzione dell'Aja sulla sottrazione internazionale di minori, che deve passare per il Ministero della Giustizia prima di arrivare alle autorità israeliane, per il 29 settembre è fissata al Tribunale di Tel Aviv un'udienza dopo la richiesta della tutrice di "immediata restituzione di Eitan".

Prima di quella data Aya (pare nei prossimi giorni) dovrebbe andare in Israele per avere la possibilità di incontrare di nuovo il bimbo, dopo brevi colloqui telefonici avuti in queste ore, e magari stare là con lui. Poi, la decisione definitiva sul suo ritorno in Italia potrebbe arrivare o dai giudici israeliani, con tempi non rapidissimi, fino a qualche settimana, o da un accordo tra i due Paesi con alla base anche un'intesa tra i due rami familiari. Per Or Nirko, zio di Eitan e marito di Aya, che è rappresentata dai legali Pagni, Simbari e Saba, un punto fermo è che "sull'affidamento del bambino deve decidere il Tribunale italiano e non quello israeliano, perché il centro della sua vita è in Italia".

Il Tribunale di Pavia ha già confermato la nomina della zia come tutrice e la famiglia Peleg, con gli avvocati Carsaniga, Sevesi e Polizzi, ha presentato reclamo e l'udienza è fissata per il 22 ottobre. Gli avvocati hanno fatto sapere, atto del giudice alla mano, che Shmuel non ha mai ricevuto l'ordine con cui il giudice l'11 agosto aveva stabilito il divieto di espatrio per il bimbo.

Mentre è indagato a Pavia per sequestro di persona, assieme all'ex moglie e nonna materna in un'inchiesta che scava su presunti complici e su "più aspetti" del caso, il nonno continua a ribadire di non aver "commesso alcun rapimento". Intanto, Nirko ha spiegato che hanno avuto contatti con la "diplomazia dei due Paesi" e che "noi siamo sempre aperti a parlare con i Peleg", anche perché "gli abbiamo concesso tutte le visite, anche se temevamo che potesse succedere quello che è accaduto".

Proprio sabato scorso, giorno di visita, Shmuel, ex militare, probabilmente grazie all'aiuto "strutturato" di altre persone, ha messo il bimbo su un volo privato partito da Lugano. Ieri è stata disposta per lui una misura restrittiva che scade venerdì, anche se oggi si è diffusa la voce, che non ha trovato conferme legali, della possibilità di una cauzione per revocarla prima. "A me risulta che ieri gli sia stato chiesto solo di restare a disposizione della polizia", ha detto l'avvocato Sevesi.