Parola e Fede

"Gli parlarono di lei". Quinta domenica del tempo ordinario

 (Vangelo della Domenica) “E subito, usciti dalla sinagoga, andarono nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva. Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano. Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni”. (Mc 1,29-39). [MORE]

Breve pensiero di riflessione
Più volte nel vangelo troviamo episodi di persone che intercedono presso Gesù per il bene, la guarigione dei fratelli. Abbiamo i quattro portatori che calano dal tetto il paralitico perché Gesù lo potesse sanare. (cf. Mc 2,1-12). Altro esempio, poi, è quello di Lazzaro, fratello di Marta e Maria che mandano a chiamare Gesù perché venga e lo guarisca. (cf. Gv 11,1-53).
Nel Vangelo di questa quinta domenica del tempo ordinario, invece, parlano a Gesù della suocera di Pietro che è ammalata e sappiamo dal Vangelo che Gesù la guarisce e poi c’è tutta una moltitudine che “gli portava tutti i malati e gli indemoniati”.


Cosa significa pregare per l’altro? L’altro è mio fratello, uno che mi appartiene. Quando per invidia, gelosia e cattiveria Caino uccise il fratello Abele, il Signore chiamò Caino e gli chiese: “dov’è Abele?”. Lui rispose: “non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?”. Il peccato, il male ci farà vedere l’altro sempre come uno estraneo a me, un rivale. Da me sarà sempre guardato con gli occhi della carne, del giudizio. L’amore, invece, la compassione, la misericordia, mi farà vedere l’altro come qualcuno che mi appartiene, anzi, lo vedrò sempre con gli occhi della fede, vedrò in lui un altro Gesù, povero, nudo, sofferente, ammalato, bisognoso. Pregare per l’altro è una grande opera di misericordia. Si parla a Gesù dell'altro, dei suoi bisogni, delle sue necessità, poi, la misericordia di Dio sa cosa fare. Il prete chi è? E' colui che parla continuamente a Dio del suo popolo. Il cristiano chi è? E' colui che parla continuamente a Dio dei suoi fratelli.


L’uomo non è onnipotente, come anche, non è immortale. Quando presenta al cuore di Dio il cuore di un fratello è come se gli stesse dicendo: “vedi Signore, io non posso nulla, ma tu puoi tutto. Salva questo mio fratello, ascoltalo. Esaudiscilo. Se tu dici soltanto una parola lui sarà salvato”. Dobbiamo fare attenzione, però. Non dobbiamo cadere nello stesso errore di Pietro. Appena spunta il sole, Pietro vuole che Gesù continui come aveva fatto ieri. Vuole fare di Lui un possente taumaturgo, un operatore di prodigi. Il Padre nella notte ne aveva fatto un predicatore della buona novella, un missionario della sua Parola, un annunciatore della sua volontà di conversione. Non però restando nel medesimo luogo, ma andando di città in città e di villaggio in villaggio. Questo il Padre ha fatto di Lui e Gesù questo fa. Lascia tutti e parte. E gli ammalati? Ad essi pensa il Padre suo. La sua provvidenza sa come prendersi cura di loro.


E qui tutti abbiamo da imparare. Quante volte si sente dire: “io non credo più in Dio, perché lo pregato tanto ma lui non mi ascoltato”. Si abbandona Dio perché Dio non ha fatto il miracolo. Cosa abbiamo fatto di Dio? Un taumaturgo, un guaritore. Poi si comprende perché la gente corre dai falsi cristi e falsi profeti, da maghi e imbonitori, perché si fa fatica ad accettare la sofferenza, la malattia e la morte, ma mai ci chiediamo o esaminiamo la nostra preghiera o il nostro stato di grazia e di vita spirituale. Cosa serve affinchè la nostra preghiera sia efficace e porti frutto? Per una preghiera santa occorrono: perdono, riconciliazione, misericordia, perseveranza, fede, insistenza, stato di grazia santificante. Prega bene chi è in perfetta comunione con Dio e con i fratelli.


Il Perdono è dimenticanza, condono, remissione di ogni peccato sia grave che lieve che l’altro ha commesso contro di noi. Noi estinguiamo il debito dei fratelli. Dio estingue il nostro debito. Siamo nella pace. Possiamo chiedere ogni cosa. Il Signore ascolta la nostra voce, perché noi abbiamo ascoltato la sua voce che ci invita sempre a perdonare, condonare, dimenticare.
La Riconciliazione è richiesta di pace al fratello che ha qualcosa contro di noi. Noi lo rassicuriamo che il nostro cuore è libero, vuoto. È come se nulla fosse stato fatto da lui nei nostri riguardi. La pace con il debitore all’istante diviene pace con il Cielo tutto. Si vive di amicizia con Dio e con i fratelli. Dio si compiace e ascolta ogni nostra invocazione.
La Misericordia è legge primaria, fondamentale della preghiera. Dio mai potrà ascoltare un uomo che è chiuso nel suo egoismo. Mai potrà dare esaudimento alla sua preghiera, se lui non dona esaudimento alla preghiera dei suoi fratelli. Solo i misericordiosi saranno ascoltati dal Signore. Senza l’osservanza scrupolosa della legge della misericordia è inutile ogni preghiera.
La Perseveranza è necessaria per chi vuole una preghiera sempre fruttuosa. Sempre Dio ascolta chi giorno e notte grida verso di Lui, senza mai stancarsi. Il Signore sempre ci mette alla prova se sempre noi dobbiamo insistere senza mai arrenderci. Chi si arrende non produce frutti.
La Fede è assolutamente indispensabile perché la nostra invocazione venga esaudita. Ma che cosa è esattamente fede? È la certezza che quanto chiediamo, avviene, anzi è già avvenuto.
L’Insistenza è alquanto diversa dalla perseveranza. La perseveranza dice ripetizione nel tempo. Si persevera per un anno, dieci anni, cento anni, chiedendo sempre la stessa cosa. L’insistenza esprime la fortezza, la decisione, la determinazione dell’animo a non desistere finché l’esaudimento non sia stato raggiunto. Queste qualità della preghiera devono stare insieme. Mai una senza le altre. Se non sono insieme, non c’è vera preghiera.
Ora chiediamoci: quando io prego, sono in queste condizioni?

Don Francesco Cristofaro

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