Cronaca

Giulio Regeni, fonti egiziane: "Sette costole rotte e scosse sui genitali"

IL CAIRO, 14 FEBBRAIO 2016 - Una spessa coltre di nebbia sembra ancora avvolgere le indagini sulla morte di Giulio Regeni. In attesa che la chiusura definitiva dell’autopsia da parte dell’équipe italiana fornisca ulteriori indizi sulle circostanze del decesso, nuovi dettagli emergono da inchieste portate avanti parallelamente.

Secondo una fonte medico-legale –che, però, confessa di non essere in possesso di alcun documento dei periti – le autorità egiziane avrebbero riscontrato “sette costole rotte, segni di scosse elettriche sui genitali, lesioni traumatiche e tagli inferti con lame affilate su tutto il corpo, lividi e abrasioni e anche un'emorragia cerebrale”. Si tratta di elementi difficili da provare, soprattutto perché, fino a questo momento, l’esito dell’autopsia è rimasto secretato dalla Procura generale del Cairo.

L’altro elemento controverso riguarda la consegna alla polizia italiana, da parte delle autorità egiziane, delle immagini riprese dalle telecamere e risalenti alla sera del 25 gennaio. I fotogrammi mostrano l’ingresso della stazione della metropolitana di Bohooth e un tratto della strada che Giulio percorse da casa per raggiungerla. Tuttavia, del ragazzo non c’è alcuna traccia.

Contestualmente, nuovi elementi di analisi emergono di un’inchiesta condotta dal New York Times, che ha raccolto le deposizioni di tre diversi testimoni. Tutti e tre, interrogati separatamente, hanno concordato su un punto: Regeni sarebbe stato “preso” il 25 gennaio, anniversario di Piazza Tahrir del 2011, e avrebbe “reagito bruscamente, comportandosi come un duro”. In sostanza, chi ha prelevato Regeni credeva “fosse una spia”, e questo soprattutto a causa di alcuni contatti, trovati nel telefono, di persone vicine ai Fratelli Musulmani e al Movimento del 6 Aprile, entrambi considerati come antagonisti dello Stato.

Sempre secondo l’inchiesta portata avanti dal New York Times, diversi testimoni avrebbero confermato che, intorno alle 7 di sera, “due agenti in borghese davano la caccia ad alcuni giovani nelle strade”. La polizia si trovava di pattuglia per assicurarsi che, nell’anniversario della rivolta di Piazza Tahrir, non vi fosse alcuna manifestazione celebrativa. [MORE]

Un ulteriore testimone, che ha chiesto l'anonimato, racconta che i due agenti “hanno fermato l'italiano”: “Uno gli ha perquisito lo zaino, mentre l'altro gli ha controllato il passaporto. Quindi lo hanno portato via”. Inoltre sempre secondo questo testimone, “uno dei due agenti era già stato visto nel quartiere in diverse precedenti occasioni, e aveva fatto domande ad alcune persone su Regeni”.

Dalle immagini consegnate dalle autorità egiziane, però, non emerge alcuna traccia del passaggio dei due agenti. La pista suggerita dal New York Times è piuttosto chiara: il fermo sarebbe avvenuto in un luogo diverso rispetto a quello inquadrato dalle telecamere o, più probabilmente, le riprese sarebbero state opportunamente cancellate dal sistema.

Proprio per ovviare alla mancanza di chiarezza delle indagini condotte in territorio egiziano, i familiari di Giulio hanno deciso spontaneamente di consegnare cellulari, computer e tablet al fine di agevolare le operazioni di monitoraggio delle conversazioni avute da Regeni nei giorni che precedono la scomparsa. In queste ore, inoltre, il tutor del ragazzo di Cambridge è volato a Roma e sarà a breve interrogato dalle autorità con lo scopo di chiarire la natura delle ricerche che il giovane doveva svolgere al Cairo.

(foto: ilpost.it)

Sara Svolacchia