Cronaca

#GiornoDellaMemoria: anche Genova non dimentica il crimine della Shoah

GENOVA, 27 GENNAIO 2014 - Il 27 Gennaio del 1945 le Truppe dell’Armata Rossa entrarono nel campo di concentramento di Auschwitz nel campo di concentramento liberando così gli ultimi sopravvissuti.
Una volta abbattuti i cancelli, si presentò ai loro occhi uno scenario terrificante: cumuli di macerie, indumenti, oggetti di vario genere dei prigionieri e tonnellate di capelli imballati per essere inviati chissà dove. In una parte del campo furono ritrovati un gruppo di prigionieri, circa 7000: erano delle larve umane, in condizioni fisiche e psichiche devastanti.

Il campo di concentramento di Auschwitz era solo uno dei tre campi situati in Polonia dove la follia di Hitler e della sua politica nazista fecero riportare il popolo degli ebrei in quanto ritenuti una “specie parassita” non all’altezza dell’ideologia razzista della razza ariana.

In quel campo di concentramento morirono più di 70 mila persone tra uomini, donne, anziani e bambini. La follia omicida non si fermò dinanzi neanche ai sorrisi dei bambini, che furono condotti nelle camere a gas.
Dopo quasi 70 anni da quel terribile genocidio, in assoluto la pagina più terribile della storia moderna, è compito di tutti noi ricordare affinché questi soprusi non avvengano più.

Nel #GiornoDellaMemoria, celebrato ogni anno il 27 Gennaio, è fondamentale ricordare cosa l’animo umano è stato capace di ideare, organizzare e realizzare. Anche la regione Liguria ricorda il #GiornoDellaMemoria con una cerimonia presso il Palazzo Ducale a cui hanno partecipato l’Aned, la Comunità Ebraica, le scuole e l’orazione ufficiale del prof. Benedetto Carucci Viterbi, direttore delle Scuole Secondarie ebraiche di Roma.

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Ogni attentato all’umanità di un uomo, di una donna, di un bambino, di ogni singolo individuo, dovunque si trovi, rimette in discussione l’umanità tutta intera. Perché un uomo è un uomo”. Con queste parole scritte da Primo Levi, uno che riuscì a sopravvivere allo sterminio degli ebrei, il commissario della Provincia di Genova, Piero Fossati, ha dato il via al #GiornoDellaMemoria a Genova.

Fossati ha poi proseguito focalizzando l’attenzione su quanto, ancora oggi, “la sopraffazione e la violenza, spesso per motivi religiosi o etnici, fanno parte di una quotidianità che riproduce tristemente gli stermini e i crimini contro l’umanità del passato”. E’ fondamentale, ha affermato a gran voce Fossati, che il genocidio vissuto sulla propria pelle da parte degli ebrei sia sempre ricordato e trasmesso alle generazioni più giovane, affinché “ la memoria degli abissi del male della Shoah resti viva nel cuore e nella consapevolezza di tutti”.

Ognuno di noi è chiamato a compiere, quotidianamente, dei gesti concreti contro ogni tipo di violenza e sopruso verso ogni essere umano. Combattere contro la definizione di “diverso”, affinchè la diversità possa diventare un arricchimento sociale e personale e non un qualcosa contro cui alzare il dito.
Anche il prof. Benedetto Carucci Viterbi sottolinea l’importanza di agire: “Fare memoria significa sfuggire alla vuotezza delle parole, in una dimensione che unisca l’atto individuale al cuore, a un riconoscimento che sia anche riconoscenza, appartenenza collettiva, con segni concreti, fisici che aiutino quotidianamente a ricordare, come nella tradizione ebraica ogni uomo indossa particolari frange che gli ricordano tutti i precetti da osservare o un tratto di muro o di parete non intonacata ricorda la distruzione del Tempio”.

Il sindaco Marco Doria ha precisato come “ i veleni del razzismo, dell’intolleranza, della violenza, del disprezzo dell’altro” che combinati insieme diedero vita all’Olocausto sono ancora presenti nella società di oggi. Proprio per questo motivo “dobbiamo lavorare ogni giorno, con l’impegno concreto e la memoria per affermare una visione della società che metta al centro la dignità dell’uomo” ha detto Doria.

Una società dove tutti gli esseri umani possano convivere tra di loro senza la paura o il timore di essere giudicati, maltrattati o marchiati proprio come settanta anni fa successe al popolo ebraico. 

Emanuele Ambrosio