Vittime sul lavoro e lavoro nero, una piaga tutta italiana
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BOLOGNA, 7 OTTOBRE 2011 – Dopo il triste episodio di Barletta dei giorni scorsi, Napolitano ha ricordato che «i meridionali lavorano in condizioni bestiali». Il problema del lavoro però non è solo del Sud, ma di tutto il paese. Domenica 9 ottobre si terrà a Roma la Giornata nazione per le vittime degli incidenti sul lavoro per sensibilizzare l’opinione pubblica, le istituzioni e le forze politiche. [MORE]
Ogni giorno in Italia ci sono 3 morti sul lavoro e 2000 incidenti. Circa 30 mila le persone che rimangono permanentemente invalide, per un totale di 775.374 infortuni accaduti nel 2010, con una lieve diminuzione tra il 2009 e il 2010. Questi i dati forniti dall’Inail sul mondo del lavoro che ci fanno capire che il problema della sicurezza sul lavoro non è solo meridionale ma nazionale. Molti conoscono le condizioni di lavoro del Sud, ma quasi mai si dice che queste condizioni sono le stesse al Nord, e non solo per gli stranieri ma anche per i nostri concittadini.
A Barletta, a causa del crollo di una palazzina pericolante, hanno perso la vita quattro operaie e la figlia del titolare dell’azienda. Il capo dello stato, riferendosi all’accaduto, ha parlato delle condizioni di lavoro pessime con «una paga di 3,95 euro all’ora per chissà quante ore al giorno e senza contratto »e ha aggiunto: «sono situazioni abnormi e illegali, sono lo specchio di un’economia ancora arretrata o fragile». Il problema però è esteso, anche al Nord ci sono giovani, stranieri, lavoratori di tutti i tipi, che sono spesso sottopagati e lavorano per 3-4 euro l’ora, anche 10-12 ore al giorno, in condizioni di sicurezza pessime.
Prima di Barletta, lo scorso 12 e 13 settembre, sei persone hanno perso la vita in un esplosione in una fabbrica di fuochi di artificio ad Arpino e un operaio è deceduto dopo essere precipitato da un’impalcatura a Frosinone. Le morti per incidenti sul lavoro sono in Italia molto più numerose che in altri paesi europei. Come ha sostenuto Antonio Fosson, senatore e membro della Commissione che si occupa del fenomeno degli infortuni sul lavoro, «è necessario passare da una mentalità sanzionatoria ad una preventiva» Per Fosson , «non è un problema di risorse investite nel settore ma di riorganizzazione di tutto il sistema di formazione e di vigilanza».
Da non dimenticare, un’altra piaga che colpisce il nostro paese: il lavoro in nero. Secondo i recenti dati della Cgia di Mestre, sono circa 3 milioni i lavoratori in nero presenti in Italia. Il 40% del lavoro in nero è legato al Mezzogiorno ma anche al Nord non manca. Risulta poi che i lavoratori in nero producono quasi 100 miliardi di Pil irregolare (pari al 6,5% del Pil nazionale), pari a 42,7 miliardi di euro all'anno in meno per le casse dello stato. In particolare, in termini pro-capite, le imposte evase medie in capo a ciascun cittadino italiano ammontano a 709 euro.
I problemi di sicurezza sul lavoro si sommano quindi al lavoro in nero, al lavoro sottopagato e spesso a troppe ore di lavoro. Lo Stato però sembra ricordarsi di questo solo in tristi frangenti , solo quando capita un disastro e qualcuno ci perde la vita. Come a Barletta. Colpisce, in questo senso, un post apparso nei giorni scorsi su un blog chiamato “Femminismo a sud” nel quale, in un commento alla foto di tre delle quattro donne morte nell’incidente a Barletta, si dice: «Fossero stati militari caduti in guerra avremmo i loro primi piani e vedremmo il tricolore sventolare dalle pagine di tutti i quotidiani, invece erano “solo” delle operaie precarie costrette a lavorare in nero per due soldi per campare». Fanno riflettere queste parole, troppo spesso le morti sul lavoro vengono accantonate e dimenticate o spesso taciute perché “scomode”.
Per questo motivo l’Anmil, tutti gli anni dal 1951, ogni anno festeggia la “Giornata nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro”. Quest’anno la Giornata giunge alla sua 61ª edizione e sarà celebrata a Roma. Lo scopo è riflettere sul sacrificio di chi ha perso la vita nello svolgimento della sua professione e rivendicare la centralità dei diritti di ogni lavoratore.
Marika Di Cristina