Cronaca
Giornata di commemorazione per il giudice Rocco Chinnici. 31 anni fa veniva ucciso dalla mafia
PALERMO, 29 LUGLIO 2014 - “Né la generale disattenzione né la pericolosa e diffusa tentazione alla convivenza col fenomeno mafioso - spesso confinante con la collusione - scoraggiarono mai quest'uomo, che aveva, come una volta mi disse, la ‘religione del lavoro’”. Questo il ritratto, tratteggiato da Paolo Borsellino, del giudice Rocco Chinnici, rimasto vittima di Cosa Nostra nel 1983.
A 31 anni dalla morte la Sicilia continua a commemorare il ‘giudice buono’. È infatti da poco iniziata la celebrazione in sua memoria a Palermo, nella chiesa di San Giacomo dei Militari presso il Comando Legione Carabinieri Sicilia, Caserma Carlo Alberto dalla Chiesa, poco prima sono state deposte corone di fiori sul luogo della strage alla presenza delle autorità civili e militari. Ma la commemorazione di Chinnici non si ferma solo a Palermo, altre città siciliane hanno sentito la voglia di ricordare questo giudice che tanto ha fatto per rendere la sua isola un posto migliore. A Caltanissetta è stata organizzata una commemorazione sostenuta dalla sezione distrettuale di Caltanissetta dell’Associazione Nazionale Magistrati, che si terrà alle 12 nell’aula magna del Palazzo di Giustizia. Mentre a Partanna, dove Chinnici ha esercitato il ruolo di pretore dal 1954 al 1966, i cittadini si riuniranno alle 18 in Piazza Umberto I per deporre corone di fiori sul bifrontale a lui dedicato.
In molti ricordano bene cosa successe quel 29 lugli di 31 anni fa. Davanti l’abitazione del giudice, in via Pipitone Federico a Palermo, esplose una Fiat 126 imbottita di esplosivo. Con lui persero la vita anche il maresciallo dei carabinieri Mario Trapassi, l'appuntato Salvatore Bartolotta, componenti della scorta del magistrato, e il portiere dello stabile dove il giudice abitava, Stefano Li Sacchi, rimase invece ferito l’autista Giovanni Paparcuri. I primi ad accorrere dopo lo spaventoso boato alle 8 di quel mattino furono i giovani figli del magistrato che ebbero davanti agli occhi l’orribile scena.
Rocco Chinnici fu ucciso perché capì che la mafia non si può sconfiggere da soli, ma bisogna essere in tanti, proprio per questo istituì un pool di inquirenti, in cui volle anche i giovani Paolo Borsellino e Giovani Falcone. L’impegno del giudice buono uscì fuori dal tribunale, si impegnò molto a parlare con i giovani, a trasmettere loro la voglia di ripudiare la droga e la mafia.[MORE]
“[...] sono i giovani che dovranno prendere domani in pugno le sorti della società, ed è quindi giusto che abbiano le idee chiare. Quando io parlo ai giovani della necessità di lottare la droga, praticamente indico uno dei mezzi più potenti per combattere la mafia. In questo tempo storico infatti il mercato della droga costituisce senza dubbio lo strumento di potere e guadagno più importante. Siamo in presenza di una immane ricchezza criminale che è rivolta soprattutto contro i giovani, contro la vita, la coscienza, la salute dei giovani. Il rifiuto della droga costituisce l'arma più potente dei giovani contro la mafia”. Chinnici fece questa dichiarazione in un intervista a I Siciliani.
In un’altra occasione invece precisava: “Parlare ai giovani, alla gente, raccontare chi sono e come si arricchiscono i mafiosi [...] fa parte dei doveri di un giudice. Senza una nuova coscienza, noi, da soli, non ce la faremo mai”.
Poco prima che venisse ucciso aveva detto: “La cosa peggiore che possa accadere è essere ucciso. Io non ho paura della morte e, anche se cammino con la scorta, so benissimo che possono colpirmi in ogni momento. Spero che, se dovesse accadere, non succeda nulla agli uomini della mia scorta. Per un Magistrato come me è normale considerarsi nel mirino delle cosche mafiose. Ma questo non impedisce né a me né agli altri giudici di continuare a lavorare”.
Michela Franzone