Giappone: manifestazioni anti-nucleare e malcontento a tre mesi dal sisma
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A tre mesi dal disastro, il Giappone si è fermato ieri pomeriggio alle 14.46 (6.46 del mattino ora italiana) per ricordare le 23mila vittime del sisma e dello tsunami che ha devastato il Paese e innescato la crisi nucleare della centrale di Fukushima. In migliaia si sono riuniti a Tokio e nelle principali città nipponiche per ricordare chi ha perso la vita, incluse quelle ottomila persone che tutt’oggi risultano disperse; ma non solo.[MORE]
La concomitanza tra le manifestazioni di commiato e i cortei organizzati da Greenpeace, sottolineano, se ancora ce ne fosse bisogno, come sia un intero Paese oramai a puntare il dito contro la gestione dell’emergenza da parte del governo e della Tepco, l’impresa responsabile della centrale. Solo la scorsa settimana, nuovi dati avrebbero registrato un raddoppio delle quantità di sostanze radioattive fuoriuscite dall’impianto nucleare nella prima settimana dopo l’incidente, rispetto alle cifre fornite all’epoca.
E mentre si moltiplicano le richieste di dimissioni per il primo ministro Naoto Kahn, il premier giapponese visita le zone più colpite nel Nord-Est del Paese, dove sono ancora 90 mila le persone evacuate, che vivono nei rifugi e hanno perso oramai ogni speranza di poter tornare alle proprie case.
Insufficiente l’assistenza fornita, in ritardo le operazioni di rimozione delle macerie, mancano gli alloggi temporanei per gli evacuati: il giudizio dei media giapponesi e unanime e spietato, e gli editoriali dei principali quotidiani concordano nel condannare l’intero modo di far fronte all’emergenza.
Per la ricostruzione della zona costiera di Tohuko, stimano gli esperti, ci vorranno anni e centinaia di miliardi di dollari; la zona di Fukushima intanto è stata resa inaccessibile nel raggio di 20 chilometri, ma sarebbero ancora numerosi i centri abitati vicini al “confine” che continuano ad essere esposti alla radioattività.
Simona Peluso