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Gerusalemme Gay Pride sotto stretta sorveglianza
GERUSALEMME, 2 AGOSTO - Quasi 10.000 persone hanno partecipato oggi 2 agosto, alla diciassettesima edizione del Gay Pride nella città santa. [MORE]
Una città tenuta quest’anno sotto strettissima sorveglianza in un contesto particolarmente teso, memore di un fatale attacco del 2015 dove, una ragazza di 16 anni fu pugnalata a morte e altre cinque persone furono ferite.
L'aggressore fu un certo Yishai Shlissel, un ebreo ultra-ortodosso, che attualmente sta scontando l'ergastolo. Shlissel aveva già trascorso 10 anni in prigione, dopo un attacco simile alla marcia del Gay Pride di Gerusalemme del 2005, era stato rilasciato appena tre settimane prima dell'evento, portando critiche nei confronti della polizia.
La parata di Gerusalemme ha assunto un ulteriore significato da allora, con i molti che al di fuori della comunità gay, si uniscono oggi alla manifestazione solo per solidarietà invocando tolleranza.
“Non consentiremo alcun disturbo dell'ordine pubblico e garantiremo la sicurezza della marcia e dei suoi partecipanti" - ha affermato la polizia israeliana in un comunicato stampa - "Migliaia di persone prenderanno parte", ha continuato la polizia, aggiungendo che "armi di ogni tipo, droni e tutti i tipi di aerei", sono stati banditi dal punto di raccolta, in un parco nel centro di Gerusalemme e dal percorso della parata.
Nelle dichiarazioni all'agenzia stampa AFP, all'inizio della marcia, il leader dell'opposizione Tzipi Livni, dell'alleanza dell'Unione sionista, ha dichiarato di essere "lì per dire al governo che lo stato di Israele deve essere uno stato che garantisce valori come l'uguaglianza e la libertà”.
Ma la Gerusalemme conservatrice, una città fortemente religiosa sacra per ebrei, musulmani e cristiani, sembra molto meno gay-friendly della liberale Tel Aviv.
Di fronte ai partecipanti alla marcia, decine di manifestanti (ben tenuti sotto controllo dalla polizia) si sono riuniti per protestare contro il Gay Pride, con indosso uno striscione che recita in ebraico "Proibizione dell'ingresso di questo abominio nella città santa".
Il contesto è particolarmente teso quest'anno, dopo che migliaia di israeliani hanno manifestato lo scorso 22 luglio contro una legge che esclude le coppie omosessuali dal diritto di avvalersi della maternità surrogata.
Israele è considerato un paese pionieristico in Medio Oriente in fatto di diritti dei gay e transgender, ma l'omosessualità rimane un tabù negli ambienti religiosi, molto influenti nel governo di Benjamin Netanyahu, considerato il più a destra nella storia dello stato ebraico.
I rabbini ultraortodossi e nazionalisti, che condannano il Gay Pride e le richieste della comunità LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender), hanno anche chiesto una contro-dimostrazione con il titolo "Essere un popolo normale sulla nostra terra".
Luigi Palumbo
fonte immagine: The Jerusalem Post