Estero
Fuga dal nero Isis: donne siriane liberate vestono i colori della felicità
ROJAVA (SIRIA), 7 GIUGNO 2015 - Fate un esperimento: appena tornati nelle vostri accoglienti case, abbracciate i vostri pargoli e domandate loro di rappresentare in un disegno come immaginano la loro vita da adulti. La loro candida innocenza, accanto allo spirito sognante di ogni bambino e bambina, vi assicurerà un’opera d’arte. Riprodurrano, probabilmente, una famiglia, una casa, le loro passioni su un foglio, un disegno sapientemente assortito in un trionfo di colori. L’essenza della loro felicità riassunta in tinte forti e accese, l’una accanto all’altro per dar sfoggio alla gioia che li anima. Perché, in fondo, fin da piccoli ci hanno insegnato ad accomunare le sensazioni positive ai colori vivi, un’implicita relazione, fra le più poetiche, che l’infinito serbatoio di metafore che è la natura ci regala: la felicità come l’arcobaleno. Chi meglio riesce ad insinuarsi fra le intemperie, da cui trae forze per portar la quiete dopo la tempesta, se non l’arcobaleno, accompagnato dai colori che lo rappresentano?
[MORE]Ieri il Daily Mail ha pubblicato un video che mostra gli attimi successivi alla liberazione di aree vicine a Rojava, città siriana in mezzo agli attacchi dello Stato Islamico. Su quelle auto donne, bambini ed uomini che sfuggono alla furia Isis. Basterebbe, in silenzio, lasciar scorrere il video per carpire la drammaticità dei momenti vissuti da chi sta ora fuggendo: si riesce, così, a condividere quegli istanti di felicità. Una donna si sveste del suo abito scuro, riaccendendo la propria anima all’interno di abiti nuovi. Via il burqa nero: ora l'arancione, il rosso ed il giallo. Vedere quella donna, libera ora dal suo essere repressa, tingersi di colori accesi è osservare l’arcobaleno di un’esistenza in cui la quiete è il sogno e la felicità l’utopia. È l’immagine di un anelito di speranza che non si lascia abbattere dalla tempesta, scure dell’incoscienza umana, che spegne i colori della vita lasciando il posto al nero, tinta della tunica sotto la quale una donna opprimeva il personalissimo sogno di felicità a colori, il cui seme è posto dall’innocenza della bambina che fu. Giunge noi l’immagine a colori della speranza.
Ogni qualvolta si spendono parole per raccontare storie da diario di guerra, tutto corre il rischio di essere seppellito dall’onta della banalità, archiviata come ennesima storia di un ennesima guerra. È questa l’atrocità: è banale la consuetudine della guerra in certi posti, quasi una non notizia per chi si sente riparato nell’accoglienza della propria casa e sente la libertà un privilegio ormai assicurato, non percependo la necessità di coltivare l’aspirazione, ogni dì, di rendere ogni persona completamente libera. Solo allora potremo conoscere la vera tranquillità nelle nostre tiepide case ed ognuno, in questo mondo, dipingere il quadro della propria vita. Un quadro a colori e mai tinto di nero.
Salvatore Remorgida