Cultura e Spettacolo

Franco Cimino, amore, poesia e utopia nella sua commovente ultima lezione

Catanzaro, 19 Maggio - La scuola è vita, scrive il professore Franco Cimino, docente del Liceo delle Scienze Umane di Catanzaro, poeta, giornalista e politico visionario dal grande spessore umano. La scuola, però, oggi è un po’ più povera, perché, dopo quarantacinque anni di appassionato servizio, il professore è stato costretto a fare una scelta che, se fosse dipesa da lui, non avrebbe mai fatto, andare in pensione. Il dirigente scolastico dell’istituto, professoressa Rita Agosto, ha voluto che la sua ultima lezione fosse tenuta nell’aula magna davanti a tutti i suoi alunni e a molte autorità, fra cui l’arcivescovo metropolita della diocesi di Catanzaro-Squillace mons. Vincenzo Bertolone ed all’arcivescovo emerito mons. Antonio Cantisani, oltre che alle figlie del professore, Francesca e Federica, ed ai suoi famigliari.

In una sala gremita in ogni ordine di posto, con tante persone in piedi, fa ingresso il professore visibilmente commosso. Dopo aver salutato gli alti prelati e le altre autorità presenti è salito sulla pedana ed ha iniziato la sua lezione con la voce rotta dall’emozione.

“Eccoci qui in un giorno che non pensavo fosse per me, ho sempre pensato fosse per gli altri. Un giorno solenne per la scuola perché, attraverso l’affetto che voi mi state rivolgendo, si celebra la festa di questo luogo sempre al confine tra una chiesa e il sogno, tra un’istituzione e un campo libero dove tutti i ragazzi vanno a dare corpo alle loro energie e ai loro sogni”.

A mano a mano l’emozione si scioglie e il tema della lezione, suggeritogli dai suoi alunni, si fa sempre più chiaro, come il cielo all’alba a Catanzaro tanto caro al “prof”. È l’Amore, e solo l’amore, che dà vita ad ogni sua parola.

“Sono convinto fortemente che la scuola oggi, dinnanzi a questa società rappresentativa di un mondo rovesciato, debba insegnare l’amore, debba metterlo come colonna sonora, perché senza di esso nasce quell’arroganza da cui poi muove quel potere che ha dominato il mondo e ancora lo domina, realizzando ingiustizia, discriminazione e legittimazione della violenza. Solo l’amore sa riconoscere l’eguaglianza identitaria fra le persone e può consentire che la diversità sia un valore. L’amore è forza che si libera, dall’egoismo, dall’avidità, dalla tentazione del possesso delle cose, delle persone, degli spazi e dei beni che sono di tutti. Libera tutte le persone dalle loro prigioni, che sono le catene dell’ignoranza, i pregiudizi, la cattiveria, il pettegolezzo e, soprattutto, dal falso amore. Libera da ogni uomo che vuole farsi padrone di un’altra donna o di un altro uomo, di un territorio o di un popolo. L’amore libera, non imprigiona”.

Ogni sua parola diventa poesia: “L’amore è forza da sé, è forza in sé, energia, movimento, è bocca da baciare, corpo da carezzare, occhi da guardare, viso da ammirare, capelli da muovere, mani e dita che li muovono. È luna, è sole, è mare e monti, è stella, è vento, sogni e desideri, abbraccio e compagnia. L’amore si muove senza limiti di spazio e di tempo, ma sempre verso la bellezza”.

L’amore dà ciò che gli altri hanno bisogno di avere e non quanto scende copioso dal nostro cuore perché “il cuore ha un’intelligenza superiore a quella della ragione, ha la capacità di capire ciò di cui tu hai bisogno, e se hai bisogno di carezze io ti darò carezze, se hai bisogno di un abbraccio io ti darò un abbraccio, se hai bisogno di parole ti darò mille parole, ma se hai bisogno di silenzio io ti darò il mio silenzio”.

L’amore è capace di opere straordinarie, come ad esempio la nostra Costituzione che è “la più bella del mondo. Ce la possono copiare, ma non è superabile da nessuna altra, perché è un immenso atto d’amore. Nasce dall’amore più grande, quello che ha battuto l’odio, le discriminazioni, la violenza Ha abolito il concetto di razze, affermando che dietro le preziose identità territoriali, personali, vive una sola razza, quella umana e un solo popolo, l’umanità. Vi è un solo paese, la terra, e il mare è la strada dell’amore che permette a tutti i popoli di potersi incontrare. Nessuno è straniero in qualunque parte del mondo. La nostra Costituzione parla alle persone e dice: «Io amo te. Tu sei persona perché sei stracarica di diritti. Sei depositaria di questi diritti. Sei persona perché hai l’intelligenza e la coscienza, perché hai l’amore dentro». La Costituzione, ragazzi, vi ama. Essa non concede la libertà, la vita, la conoscenza, l’amore, non inventa diritti, ma li riconosce perché riconosce noi come persone. Allora se essa ci ama perché noi non facciamo la stessa cosa da persona a persona?”.

L’amore fa sì che tutta la bellezza possa essere goduta da tutti.” Ragazzi la bruttezza esiste solo quando la bellezza si ritrae, quando viene negata, quando viene sconosciuta. Guardate sempre oltre quello che siete abituati a vedere, la bellezza è il cielo, il mare, i prati, i fiori, la persona, i suoi occhi, la bellezza siamo noi. Abituatevi a riconoscerla e vi affezionerete ad essa, la difenderete, e se lo farete vuol dire che l’amate. L’amate e nello stesso tempo fate un’altra cosa, Politica, perché la politica non è quella cosa sporca che viene presentata, è la più alta attività umana perché è il momento in cui la bellezza viene protetta, viene difesa, viene garantita. È la bottega artigiana dove i sogni di ciascuno diventano progetti per tutti”.

Come possiamo definire la professione del professore? Meglio non potremmo se non con la poesia del “prof”: «La scuola siamo anche noi, cari colleghi, i ragazzi che non invecchiano mai, perché rubiamo la giovinezza ai nostri alunni, ci nutriamo del loro entusiasmo e della loro fantasia. Strappiamo dal loro cuore quei battiti veloci e li mettiamo nel nostro per alimentarlo di energia nuova. Rubiamo ogni giorno i loro sogni per infonderli nel nostro petto. Rubiamo le loro lacrime per coprire il nostro pianto e, di nascosto a loro, rubiamo le loro sofferenze, per gli amori negati, per un amore sfuggito, per un tradimento ricevuto, per un insuccesso scolastico, per la famiglia che si è rotta, per un genitore che non torna o per quello ammalato o che non ce la fa a sostenere il peso della propria famiglia. La scuola siamo noi, l’esercito disarmato mandato a combattere la guerra degli altri senza scarpe nuove e abiti protettivi. Noi, i maestri del pensiero con i portafogli sempre vuoti ma mai stanchi, grazie ai nostri ragazzi. È nostro il compito di salvare il mondo e ci riusciremo se insegneremo ai nostri ragazzi che il progresso non è soltanto lo sviluppo economico, ma soprattutto se capiremo che ogni giorno da quel cancello entrano due elementi in uno, il ragazzo e lo studente. Entrano separati perché uno non conosce l’altro, uno ha paura dell’altro. Il nostro compito è capire questi due elementi e non scegliere quello che ci è più comodo, lo studente. Se noi riusciremo a metterli insieme avremo fatto veramente scuola».

Dopo una lunghissima standing ovation la poesia del “prof” riprende e raggiunge il momento più alto, quella dimensione che abbiamo ormai quasi tutti perso, l’utopia. “Ragazzi miei e ragazze mie che rappresentate oggi tutti gli alunni che ho avuto l’onore di incontrare in quarantacinque anni di attività, io vi ho amato tutti, uno per uno, allo stesso modo. Grazie per quello che mi avete donato, per quello che mi avete insegnato. Se sono riuscito ad essere un buon professore è solo merito vostro. Si è davvero professori quando insegnando si impara. E se sono stato un buon padre per Francesca e Ludovica lo devo anche a voi. Sono stato un uomo fortunato, dalla vita e dall’amore ho avuto due figlie bellissime, e dalla vita e per amore ho avuto il dono di stare con voi, i ragazzi e le ragazze più belli del mondo. Quanta bellezza nei vostri occhi. In essi c’è il mare, celesti o grigi, a secondo di come state in quel momento. In essi ho visto il cielo con il sole, la luna o le stelle, ma l’ho visto anche con il temporale perché dentro di voi c’era il dolore. Ho visto il vento muovere capelli e pensieri belli. Ho visto gli occhi di mia madre e la sensazione di mio padre e di chi non c’è più. Ho ritrovato gli occhi miei da ragazzo che hanno pianto di dolore, di nostalgia, ma anche per la bellezza goduta. Ho visto le vette più alte delle montagne con i vostri sogni e la vostra voglia di volare. Oggi vi dico ancora una volta ragazze e ragazzi miei sognate alto e se qualcuno vi dice che perdete tempo non credetegli. Il sogno è la tavola d’argento su cui si scrive l’utopia. E se vi diranno che l’utopia non esiste, che non si potrà mai realizzare, non dategli retta, non è vero, vogliono che restiate passivi e non cambiate il mondo. Vi diranno la stessa cosa della felicità, ma non è vero. La felicità esiste e dovrete avere sempre la forza di cercarla. Non arrendetevi mai, non conformatevi mai. Vestitevi sempre del vostro abito più bello, che siete voi, la vostra persona. Grazie di cuore, vi bacio uno per uno e non vi dico addio perché noi ci incontreremo sempre, ogni qualvolta in cui voi sognerete ed io sognerò, ogni qualvolta in cui voi sentirete d’amare ed io amerò, ogni qual volta in cui vi sentirete di battervi per realizzare l’amore in questo mondo io sarò con voi, e in quel punto esatto dove il mare e il sole si uniscono noi li ci troveremo e saremo insieme per sempre, felici di esserci amati e di amare ancora”.

L’ennesima standing ovation è lunghissima e soltanto alla fine gli alunni e le figlie del professore, con gli occhi rossi a causa delle copiose lacrime, riescono a prendere la parola per esprimere i loro sentimenti. Lettere commoventi rigorosamente lette sui telefonini, a testimonianza che i tempi sono cambiati, ma l’amore e la poesia nella scuola non cambiano mai.

Concludiamo con una bellissima frase dedicata al professore dal suo caro amico avvocato, poeta e scrittore Felice Foresta: «Ci sono cattedre da cui non impareremo nulla. E ce ne sono altre che, anche quando saranno vuote, continueranno a parlarci. Si faranno crocevia di parole ormai in disuso, come quelle ascoltate oggi durante l’ultima lezione a scuola di un mio amico, amore, bellezza, politica e utopia. Parole sconfinate e senza governo. E, ancora, ci sono cattedre che si faranno crociere dei sogni dei ragazzi che siamo stati e che saremo. Anche di quelli che non hanno avuto in dono le stille di cuore di un professore visionario, innamorato della vita e dell’amore».

Saverio Fontana