Estero

Francia prepara raid aerei contro Isis in Siria. Assad: lascio solo se il popolo lo chiede

PARIGI, 16 SETTEMBRE 2015 – La Francia è pronta a condurre la sua guerra contro l’Isis anche in Siria, lo ha annunciato il ministro della Difesa, Jean-Yves Le Drian, che ha fatto sapere che raid aerei dei Rafale di Parigi sono programmati contro le postazioni dell'Isis in Siria "nelle prossime settimane". Lunedì scorso il presidente Francois Hollande aveva confermato che dopo i voli di ricognizione di questi giorni ci sarebbero stati incursioni aeree, giudicandole "necessarie". Il ministro Le Drian è stato intervistato dalla radio France Inter ed è in questa occasione che ha risposto che i caccia francesi passeranno all’azione non appena saranno conclusi i voli di ricognizione e ci saranno “obiettivi ben identificati”.

Sull’eventualità di un appoggio anti-Isis al presidente Bashar al Assad, il ministro è stato molto chiaro: “Non è la soluzione. Se ne deve andare al più presto possibile, in Siria serve una soluzione politica. Il nostro nemico è Daesh, Assad è il nemico del suo popolo”. Per questo, agli occhi del governo francese una soluzione politica di lunga durata resta la “chiave di volta” e “l'urgenza” adesso è di “trovare un accordo che possa far voltare definitivamente pagina sui crimini” del presidente siriano. [MORE]

Razzi su Aleppo fanno 40 morti e 150 feriti. Anche perché lo spargimento di sangue in Siria non si arresta. Ieri almeno 38 persone sono morte ed altre 150 sono rimaste ferite dopo il lancio di razzi sulla città siriana nordoccidentale di Aleppo, secondo quanto riferisce l'Osservatorio siriano per i diritti umani. I razzi sarebbero caduti in tre quartieri controllati dalle forze governative e tra le vittime ci sarebbero 14 bambini e tre donne. L'agenzia statale siriana Sana parla di attacchi con razzi da parte di “terroristi” su Aleppo che avrebbero causato 20 civili morti e 100 feriti.

Siria, Assad all'Occidente: lascio solo se il popolo me lo chiede. Assad, dal canto suo, forte dell'appoggio della Russia di Vladimir Putin, ha ribadito l'intenzione di non lasciare la carica di presidente, finché a chiederlo non sarà il suo popolo. Il presidente "assume il potere con il consenso del popolo attraverso le elezioni – ha spiegato Assad, in un’intervista a media russi - e se lascia lo fa su richiesta del popolo, non per decisione degli Stati Uniti, del Consiglio di sicurezza dell'Onu, della Conferenza di Ginevra o del comunicato di Ginevra. Se il popolo desidera che il presidente rimanga, lui rimane, altrimenti dovrebbe lasciare immediatamente, questa è la mia posizione di principio su questo tema". Assad ha quindi dichiarato che "sin dall'inizio" della crisi siriana "la campagna dei media occidentali si concentrava sul fatto che l'intero problema fosse il presidente stesso. Hanno tentato di dare l'impressione che il problema della Siria derivasse da una persona" ha denunciato il presidente siriano.

Diplomazia al lavoro. Secondo fonti diplomatiche anche Barak Obama si starebbe convincendo sulla necessità di trovare una soluzione politica che escluda l'immediata destituzione di Assad. Finché la Russia continuerà a sostenere Assad, è il ragionamento di Obama, è impossibile sperare in una marcia indietro del dittatore siriano e per sbloccare l'impasse sarebbe pronto a discuterne con il presidente russo Vladimir Putin. I due potrebbero avere un colloquio nel corso dei lavori dell'Assemblea generale dell'Onu. Ipotesi confermata anche dal portavoce del Cremlino Dmitri Peskov: "Il presidente Putin è sempre aperto al dialogo, in particolare con il suo collega, il presidente Obama".

Informazioni manipolate sulla guerra all'Isis. A rendere meno intransigenti le posizioni di Obama non sono soltanto valutazioni geopolitiche, ma le difficoltà e gli scarsi successi ottenuti in un anno di guerra allo Stato islamico che lo fanno oggetto di quotidiane critiche in patria. L'ultimo colpo è arrivato da un'inchiesta del New York Times. I vertici militari del Centcom, responsabile delle operazioni militari contro lo Stato islamico in Iraq e Siria avrebbero manipolato i rapporti preparati dagli uomini dei servizi, dando alla Casa Bianca, al Pentagono e al Congresso informazioni distorte sull'andamento della guerra, quali le capacità militari delle forze irachene e il successo dei bombardamenti in Iraq e Siria, presentando una quadro migliore delel realtà sul campo alla CasaBianca, al Congresso e e agli altri centri di intelligence.Il Pentagono sta esaminando le prove, fornite da un gruppo di analisti di intelligence. In ogni caso, negli Usa, è diffusa la consapevolezza di dover cambiare strategia nella lotta al Califfato.
 

(foto dal sito www.ilvelino.it)

Michela Franzone e Tiziano Rugi