Football Americano

Football Americano: un coach sardo dei Crusaders Cagliari in Tennessee

Da oltre trent’anni le sue geometrie non si discostano molto dalla forma di una palla da football americano. Con i Crusaders ha condiviso felicità e tristezze condensarti in oltre quattro lustri di storia. Messo il casco nel ripostiglio, il cuore gli ha suggerito che era arrivata l’ora di trasmettere le sue conoscenze ai nuovi adepti, cercati minuziosamente tra le scuole del cagliaritano. [MORE]Nel mentre covava anche un altro desiderio: rovistare in maniera approfondita dentro la culla della disciplina. In precedenza l’ogliastrino Giovanni Manca aveva già soggiornato negli States, semplicemente per gustarsi dagli spalti qualche match di cartello e constatare quanto da quelle parti l’attaccamento alle maglie dei protagonisti fosse una questione viscerale. A settembre è stato diverso: ha trascorso un mesetto nel Tennessee a stretto contatto con la squadra del college Tusculum di Greeneville. Un’esperienza che consiglierebbe vivamente a tutti i coaches italiani perché tra l’apprendimento nei campi nostrani e quello studiato in mezzo alle iarde di chi ha inventato questo sport, c’è sempre una differenza abissale.

Perché hai deciso di andare in Tennessee?
È stato un caso. Quando ho contattato tramite Facebook diversi coaches, uno dei primi che mi ha risposto è stato coach Tobin. Si è subito mostrato interessato e molto disponibile. E così si è poi dimostrato nei fatti, ospitandomi a casa sua e facendomi sentire da subito parte della sua splendida famiglia. Poi il sud degli States mi attirava, non c'ero mai stato e devo dire che è molto diverso dalle realtà metropolitane che avevo già visitato; la vita è rilassata e le persone sono tutte disponibili. Per non parlare del cibo che è squisito!

Cosa hai fatto esattamente?
Guardavo e imparavo. Partecipavo a tutti i meetings tra allenatori, tra allenatori e giocatori, ed agli allenamenti. Vivevo praticamente tutta la gestione della settimana, dal post partita fino alla partita successiva. Ed era questo l'aspetto che mi interessava di più vedere, prima ancora delle tattiche e delle strategie.

Come ti sei trovato con allenatori e giocatori?
Benissimo, tutti disponibili e simpatici. Per i giocatori sono stato subito una novità interessante, una presenza diversa al campo e mi hanno subito preso in simpatia (mi hanno da subito chiamato Coach G). La cosa che mi ha fatto più piacere è vedere la grande educazione e il grande rispetto che questi ragazzi hanno avuto verso di me, ma che mostrano quotidianamente verso i propri coaches e soprattutto verso l'istituzione che li fa giocare e studiare.

Qualcosa che ti è rimasta maggiormente impressa da questa esperienza
Ovviamente il lato umano, che è la cosa più importante. Dal punto di vista del football, quello che mi ha impressionato di più è la cura dei dettagli che mettono nell'attività. Ovviamente hanno molto tempo, essendo i coaches dei professionisti, ma non lasciano nulla caso. E poi l'organizzazione, perchè ogni attività è pianificata con scrupolo e con ampio anticipo, dai meetings agli allenamenti fino alla gestione delle partite, comprese quelle in trasferta. I giocatori e gli allenatori sanno sempre per tempo cosa devono fare. Se posso permettermi, consiglio a tutti una esperienza simile, ti fa capire quanta strada c'è da fare e quanto c'è da lavorare.

Cambierà il tuo modo di impostare le difese ?
Cercherò prima di tutto di inserire nuove coperture, alcune delle quali vengono applicate anche qui. Cercherò di semplificarle per renderle applicabili anche da noi, ma voglio cominciare ad introdurle. E poi sicuramente metterò molta maggiore attenzione all'organizzazione delle riunioni con i giocatori e alla cura dei dettagli.

Cosa ti aspetti dalla stagione 2012/13 dei Crusaders?
Un salto di qualità. Al di là dei risultati me lo aspetto a livello organizzativo e di pianificazione del lavoro. Non siamo molto lontani, ma sono convinto che avendo noi meno tempo degli americani da dedicare al football, dobbiamo giocoforza utilizzarlo meglio e quindi pianificarlo meglio. Abbiamo bravi giocatori e coaches preparati, per cui se riusciamo in questo, i risultati positivi saranno la diretta conseguenza. E mi aspetto anche una crescita importante dei giovani, che sono il futuro di questo sport; quest'anno poi abbiamo per la prima volta anche ragazzi sotto i 15 anni, e vedere quanta passione ci mettono è quello che ci deve spingere a migliorare sempre.

COACH DE BUSK: “ESSERE SEMPRE SINCERI CON I RAGAZZI”

E per capire un po’ meglio come da quelle parti concepiscono la filosofia del football americano, Giovanni Manca ha fatto da intermediario con l’ufficio stampa dei Crusaders e l’head coach del college di Tusculum De Busk. Dalle sue parole si evince che in America si lavora sodo per portare avanti una squadra competitiva, e, seppur non direttamente, si intuisce come effettivamente gli States siano ancora un altro pianeta, sia in termini di strutture disponibili che in termini di praticanti.

Abbiamo avuto modo di leggere il tuo curriculum. Potresti sintetizzare i passaggi più importanti della tua carriera?
Non sono mai stato un coach ambizioso e non sono un coach che cerca sempre migliori lavori, mi limito a fare il meglio che posso nel posto dove sto in quel momento.
Sinceramente non avrei mai pensato di diventare assistente in una scuola della FCS (primissimo livello) a 24 anni, ma sono stato fortunato; non pensavo di diventare un Co-coordinatore offensivo di una scuola di DIV I a 26 ma sono stato fortunato; e non avrei mai neppure sognato di diventare head coach a 29 anni a alcun livello, ma sono stato fortunato.
E adesso che sono un head coach non penso lascerei mai il Tusculum College, ma voglio fare sempre del mio meglio per questa università e divertirmi facendo il mestiere che amo, il coach.

Conosci il football italiano?
Purtroppo non so nulla del vostro campionato, anche se Giovanni un po' mi ha raccontato e so che state crescendo parecchio.

Hai conseguito ottimi risultati. Qual'é il segreto per costruire un solido e vincente programma di football?

Il segreto è l'onestà. Prendersi cura dei ragazzi ed essere sinceri con loro. Ogni volta che comunico con loro, dico sempre la verità, bella o brutta che sia, ma con la massima onestà e sincerità. Molti ragazzi che hanno lavorato con me o con i quali posso aver avuto qualche problema, mi hanno ringraziato per questo. Tuttavia per realizzare un buon programma di football, devi avere anche buoni giocatori e quindi fare un buon reclutamento. I buoni giocatori sono più importanti dei buoni allenatori, perché io sono un coach migliore quando ho buoni giocatori. Per cui bisogna reclutare, reclutare, reclutare sempre!

Immagino che per risultare vincenti come te occorre molta dedizione. Quanto tempo dedichi allo studio ed all'aggiornamento?
Se lavori per vincere, otto ore di lavoro non bastano. Nel college football gli allenatori spendono ore e ore nell’organizzazione, nella preparazione di allenamenti e partite, nella comunicazione, nella discussione, nella preparazione delle strategie, nel recruiting. Se non sei coinvolto al 100% non puoi fare l'allenatore nel college football, perchè é un lavoro che ti assorbe 24 ore su 24, 7 giorni su 7, soprattutto se consideri anche che sei responsabile di ragazzi tra i 18 e i 22 anni che ti sono stati affidati dai loro genitori.
Quindi la parte principale del lavoro non è in campo, ma fuori.

Per una squadra vincente è più importante la tecnica o la testa? Come curi l’aspetto psicologico della squadra?
Ci sarebbe bisogno di una laurea in psicologia per gestire questi ragazzi, ma sfortunatamente non ce l'ho. Quindi per me é una sfida continua. Penso che per vincere la cosa più importante sia semplicemente che i giocatori facciano ciò che gli è stato assegnato e giochino con intensità.

Cosa si prova nel vedere un proprio ragazzo avere successo nella vita?
Dico sempre ai miei giocatori, quando vengono reclutati e per tutto il tempo in cui stanno qui, che il mio obiettivo principale è vederli laureati e diventare bravi mariti e padri di famiglia. Quando vedo un mio vecchio giocatore e la sua famiglia tornare per l'Homecomig (una festa dove si celebra il ritorno degli ex alunni al campus) o solo per visitare il campus, é la cosa che mi fa più piacere. Vederli laureati e con una famiglia é una sensazione più gratificante del mio lavoro.

Parlaci di Tusculum e della Greene County. Come si vive? Quanto è importante il football nella vita quotidiana?
Sono nato e cresciuto a Greeneville nel Tennessee. Dico sempre ai nuovi assunti e ai loro familiari che una volta che ci si adatta a questo posto, lo ameranno; e nessuno mi ha poi detto il contrario. È un posto meraviglioso, una città piccola e pacifica dove hai tutto a portata di mano. E poi ci sono le persone, che sono meravigliose che rendono grande questa comunità.

Infine, un consiglio per i coaches Italiani.
Amate quello che fate. Amate il gioco e divertitevi nell'allenarlo. Divertitevi nello stare insieme ai giocatori, nell'affrontare nuove sfide e nell'affrontare i brutti momenti. Ma godetevi i momenti belli, perché vincere non è tutto, ma rende la vita molto più divertente!

COACH TOBIN: “CHIAREZZA E SEMPLICITÀ DI ESPOSIZIONE”

Un concentrato di altruismo, disponibilità, professionalità. Coach Tobin non ha avuto un attimo di titubanza nell’accogliere nella sua dimora l’italiano venuto da un’isola. Grazie a questa intervista lo abbiamo conosciuto meglio e tutte le belle sensazioni iniziali sono state confermate in pieno.

Come hai iniziato ad allenare?
ll football ha veramente reso la mia vita migliore sin da piccolo; mi ha aiutato a crescere, a rialzarmi dopo i fallimenti, a lavorare sodo e in team; quando qualcosa ha effetti positivi sulla tua vita credo sia doveroso cercare di trasmetterla. Per questo ho cominciato ad allenare, subito dopo la High School. In questa scuola giocavo linebacker e centro e ho cominciato con l'allenare queste due posizioni. Inoltre ero il preparatore atletico. Mi sono appassionato e divertito molto. Ma il primo vero mentore in questo lavoro è stato coach Larry Marmie che mi ha voluto con lui ad allenare i linebackes di Arizona State. È stato un grande insegnante, un grande coach e un grande comunicatore. Uno che sapeva cosa diceva.

I più importanti traguardi professionali raggiunti?
Sono stato nello staff di una delle prime cinque squadre della nazione, ho vinto un titolo di "Preparatore Atletico dell'anno" e quando lavoravo per la Kutztown University ho contribuito a trasformare il programma in un programma vincente.

Come imposti il lavoro con gli atleti?
Tutto quello che faccio è impostare una routine di drills ed individuals con i giocatori. Questo per me é il modo migliore per imparare le tecniche. Per evitare che, soprattutto i giocatori più esperti, possano annoiarsi, chiedo loro di aiutarmi ad insegnare. E in questo modo sono molto più coinvolti e lavorano anche più duramente.

Quanto è difficile trasmettere le proprie idee ai tuoi ragazzi, e che metodo usi?
In realtà non é difficile. Credo che i migliori coaches siano coloro che abbiano avuto esperienze di insegnamento; e io uso le stesse tecniche che utilizzavo nelle mie esperienze in aula. La cosa fondamentale è la chiarezza e la semplicità d'esposizione.

L’aver viaggiato così tanto ti ha arricchito interiormente?
Allenare e insegnare in diverse parti del mondo mi ha reso un coach migliore ed un educatore migliore. I benefici che si hanno nel conoscere nuove culture sono enormi. Ho imparato nuovi modi di insegnare, nuovi e più semplici sistemi che permettono ai ragazzi di imparare e assimilare meglio. Quando insegni ad atleti meno giovani le tecniche di base, devi rendere il tutto più semplice e divertente. Immagino sia così anche in Italia: se vuoi interessarli al football e vuoi che rimangano a giocare, devi cercare di divertirli.

Ti vedremo presto anche in Italia?
Un giorno lo spero. Spero di aiutarvi a crescere e a far crescer questo sport. Sarebbe un sogno.