Cronaca

Fondazione Tommaso Campanella: Caterina Carna' "Non deve chiudere"

CATANZARO, 11 MARZO 2015 - Mi chiamo Caterina, sono calabrese e ho avuto la fortuna di lavorare per molti anni all’Universita’ degli Studi Magna Graecia di Catanzaro.
Ho iniziato a lavorare con il compianto e indimenticabile Rettore, Prof. Salvatore Venuta, l’uomo che mi ha insegnato a guardare oltre il mio naso, a distogliere lo sguardo dal dito per vedere, finalmente, quella luna meravigliosa che Lui mi mostrava.

Proprio mentre io iniziavo a lavorare all’Universita’, il Centro Oncoloogico dI Eccellenza, la Fondazione Tommaso Campanella, veniva costruita, insieme al Campus Universitario che oggi noi tutti possiamo vedere. Voglio raccontare i sogni, le speranze, le ottime intenzioni riposte in questo progetto: si lavorava senza sosta, giorno e notte, anche durante le vacanze, ma questo non pesava a nessuno, perche’ tutti, dal primo all’ultimo dei lavoratori,
senza distinzione di hgrado, ci sentivamo protagonisti di un sogno, parte attiva di una realta’ che, lo sapevamo gia’, avrebbe cambiato, migliorandola, la vita di tutti i calabresi e di buona parte del Sud Italia. [MORE]

Avevamo ben chiaro che quello che stavamo svolgendo non era un semplice lavoro che ci consentisse di arrivare alla fine del mese, per noi era diventata una missione e l’entusiasmo era sempre alto, a dispetto della stanchezza e delle tante, tantissime difficolta’.

Io, che ero dentro a questa enorme macchina, ho potuto vedere con i miei occhi
l’incredibile lavoro che c’e’ stato dietro a tutto quello che oggi e’ una viva
realta’.

Non vivo piu’ in Calabria..e neanche in Italia. Vivo in Arabia Saudita. Ho sposato un italiano, uno dei tanti, troppi, cervelli in fuga. Dopo aver provato a rimanere in Italia, abbiamo deciso di emigrare, per offrire un futuro migliore alla nostra famiglia e, soprattutto a nostro figlio, Marco.

Fin qui, la mia storia e’ una come tante. In realta’ io ho lasciato il mio cuore nella mia terra e nella mia Universita’ e la vita, a volte beffarda, ha contribuito a rafforzare ancora di piu’ questo legame: proprio nel momento in cui io mi allontanavo dalla Calabria, mi madre si ammalava di tumore. MIELOMA MULTIPLO. Solo a nominarlo tremano le gambe. Il tumore, prima di aggredirti fisicamente, ti paralizza psicologicamente e colpisce non solo l’ammalato, ma anche chi gli sta attorno.

In questa enorme tragedia che ha investito la nostra famiglia abbiamo trovato una speranza, un’oasi da cui attingere la forza di combattere e andare avanti.: LA FONDAZIONE TOMMASO CAMPANELLA.
Mia madre, da quasi due anni , sta combattendo la sua battaglia piu’ difficile. Ma non e’ sola: ha accanto a se’ un intero esercito composto dai medici, gli infermieri e tutto il personale di questa meravigliosa realta’ che e’ la Fondazione.

Loro non solo solo professionisti. Sono angeli che, con amore, cura e attenzione, riescono a rendere sopportabile cio’ che non e’ neanche pensabile. Mia madre fa la chemioterapia e poi torna a casa sua, vicino a mio padre, a mio fratello e a tutta

la nostra famiglia. Vi sembra poco? A me no. Non potrei immaginare mia madre in un altro ospedale, lontana dai suoi affetti e dale sue piccole certezze quotidiane e, lei per prima, non vorrebbe essere mai curata altrove. Il cancro non e’ un raffreddore. Il rapporto che si instaura con il medico e tutta l’equipe che segue il paziente e’ unico e speciale. E, lo sappiamo tutti, il fattore psicologico e’ parte integrante della cura.

Ora io mi chiedo: perche’ mia madre (e, come lei, centinaia di pazienti oncologici), deve perdere tutto questo? Non e’ gia’ abbastanza tragico avere il cancro? Perche’ non garantire al paziente di continuare il suo percorso di cura in un centro che funziona, in cui si sente capito, amato, guidato alla guarigione? Io proprio non capisco e non capiro’ mai come si possa giocare in questo modo con la vita di centinaia di famiglie. La Fondazione Tommaso Campanella non puo’ chiudere.

NON DEVE CHIUDERE!
E’ immorale. E’ vergognoso.
E necessaria un’assunzione di responsabilita’ da parte degli organi deputati perche’ sia messa fine a questo scempio, che sta annientando le speranze dei malati e delle loro famiglie. Di mia madre. Io dico basta. I calabresi (io per prima) dovrebbero indignarsi per quanto sta accadendo. La nostra terra e’ stata martoriata, defraudata, ridicolizzata. Privata del lavoro.

Non possiamo permettere che ci tolgano anche il diritto alla salute.
Non possiamo permettere che ci tolgano la speranza.


Caterina Carna’