Cultura e Spettacolo
Fly from Here, gli Yes divisi fra passato e futuro
ROMA, 31 LUGLIO 2011- Dieci anni di progetti paralleli, carriere soliste, reunion, problemi di salute e pause forzate hanno fatto perdere le speranze a più di un fan ma finalmente è uscito Fly from Here, il ventunesimo disco in studio della progressive rock band Yes. Riflettori puntati sulla “nuova” formazione, simile a quella che diede alle stampe Drama nel 1980[MORE]:Steve Howe alla chitarra, Geoff Downes alla tastiera, Alan White alla batteria, Chris Squire al basso, Trevor Horn alla produzione e il nuovo arrivato Benoit David a rimpiazzare il cantante Jon Anderson. Buona parte dei brani che compongono l’album sono firmati dalla coppia Horn-Downes e alcuni di questi risalgono ai primi anni 80, periodo in cui i due militavano nei The Buggles (band divenuta celebre nel 1979 grazie alla hit Video Killed the Radio Star).
L’album può essere sezionato in due parti, la prima parte è affidata alla suite di 25 minuti Fly from here, rielaborazione di una demo (We Can Fly from Here) che i due ex-The Buggles presentarono agli Yes durante le registrazioni di Drama. Completa la tracklist una serie di brani dalla durata media di cinque minuti nei quali è più o meno evidente l’apporto creativo di tutta la band.
La suite è suddivisibile in cinque parti con una overture iniziale. Nonostante i richiami tematici all’interno delle varie parti il brano è più simile ad un medley di diverse canzoni firmate dalla coppia Horn-Downes piuttosto che una vera e propria opera organica. Non mancano momenti di intensità liricità, come nella splendida sezione conclusiva di Sad Night at the Airport dove il timbro tenue di Benoit David si sposa alla perfezione con gli ampi glissati della chitarra di Steve Howe. Lo stesso non si può dire della pur ottima Madman at the Screens dove si sente la mancanza della grinta di Jon Anderson. Se David se la cava egregiamente nei panni del triste sognatore è nelle parti più grintose che perde nettamente il confronto col frontman storico. Il brano che segue (parte IV: Bumpy Ride) è invece un tentativo non troppo riuscito di far rivivere la cultura dei grandi pezzi strumentali progressive. L’intenzione è ottima e il sound è perfetto, purtroppo però la sterilità delle idee fa si che il brano ricordi più una serie di esercizi che un brano della stessa band che diede alla luce Cinema nel 1985.
In conclusione la suite che apre l’album contiene degli ottimi spunti ma ricorda più il Big Medley dei Beatles che le complesse architetture degli Yes. I collegamenti fra le diverse parti della suite vengono troppo spesso liquidati con delle dissolvenze incrociate che intaccano la percezione di unità dell’opera.
Il resto dell’album contiene il contributo degli elementi storici della formazione. Chris Squire è autore e cantante in The Man You Always Wanted Me to Be, una canzone che fonde con eleganza lo stile degli Yes, elementi di popular music moderna e rock anni’70 “à la The Who”. Meno incisivo è il contributo di Steve Howe in Hour of Need e Solitaire. La sonorità mainstream del primo brano farà sicuramente storcere il naso agli aficionados del progressive rock mentre i fan del chitarrista non mancheranno di notare come Solitaire sia in realtà una sequenza di idee senza un filo conduttore. La vera sorpresa del disco è nel brano che lo conclude: Into the Storm, la vera “opera prima” di questa nuova incarnazione degli Yes. Per questa canzone l’intera formazione è accreditata fra gli autori insieme a Trevor Horn e Oliver Wakeman (figlio del tastierista storico della band Rick Wakeman), la differenza con il resto del disco è da subito evidente: ci sono i riff, c’è la melodia, c’è il groove e c’è l’atmosfera, in poche parole c’è tutto.
In conclusione Fly from here è un album godibile ma non lo consiglierei ai neofiti del gruppo inglese, neanche a coloro che difficilmente ascoltano musica registrata prima degli anni ’90. In questo caso è preferibile avvicinarsi alla band attraverso uno dei loro classici rimasterizzati. D’altra parte il fan inveterato degli Yes può trovare in questo disco una testimonianza del potenziale di questa nuova formazione, a patto di sapere dove cercarla.
Andrea Portieri