Fine vita: dopo la sentenza della Consulta parte il pressing PD-M5S per una nuova legge
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ROMA, 27 SETTEMBRE – Diverse le reazioni del mondo politico alla sentenza storica della Corte Costituzionale con cui è stato ritenuto non punibile ai sensi dell’art. 580 del codice penale chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale ed affetto da una patologia irreversibile.
Il primo, durissimo commento è giunto tempestivamente dal leader della Lega Matteo Salvini, che ha ribadito la sua netta contrarietà ad ogni pratica legata al fine vita: “Non approveremo mai un suicidio legalizzato, perché la vita è sacra e non possiamo riconoscerci in uno Stato che legittimi il suicidio” – ha tuonato Salvini, ricordando come le sue posizioni riguardino anche la legalizzazione di qualsiasi sostanza stupefacente. Piuttosto, per il segretario della Lega “un Paese civile deve investire per la ricerca, per la cura, per i trattamenti palliativi e per sollevare dal dolore famiglie abbandonate a se stesse”. Seguendo la scia di Salvini, a sfavore della decisione si è poi espressa anche la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni: “La sentenza della Corte costituzionale è una doppia sconfitta. È una sconfitta per la politica e il Parlamento, che hanno deciso di abdicare al loro ruolo e di non decidere. È una sconfitta per la Nazione, perché quella dei giudici costituzionali è una decisione che apre un varco alla possibilità di legalizzare il suicidio assistito ed introdurre l’eutanasia nel nostro ordinamento”. Dura, infine, la reazione della Conferenza Episcopale Italiana, che si è detta “sconcertata e preoccupata” della sentenza, auspicando che resti “libertà di scelta” per tutti gli operatori sanitari, ovvero la garanzia dell’obiezione di coscienza. La presidenza della CEI ha precisato comunque che “la preoccupazione maggiore riguarda soprattutto la spinta culturale implicita che potrebbe derivarne per i soggetti sofferenti, i quali potrebbero essere indotti a ritenere che chiedere di porre fine alla propria esistenza sia una scelta di dignità”. Ad ogni modo, i vescovi confermano e rilanciano l’impegno di prossimità in tutti i sensi della Chiesa nei confronti di tutti i malati.
Chi invece reputa storica la sentenza della Consulta è il M5s, che ha fatto sapere tramite l’ufficio stampa di avere intenzione di avviare al più presto un’iniziativa parlamentare sulla questione, ripartendo dal lavoro già svolto negli scorsi mesi: “Ci auguriamo che alla luce della pronuncia si possa tornare a discutere di un tema così importante, trovando questa volta la massima convergenza a prescindere dall’appartenenza politica, in linea con le indicazioni dei giudici. Questo significherà assolvere pienamente al nostro compito di legislatori, introducendo una normativa organica e completa in materia”. Anche la sen. Monica Cirinnà del PD ha sottolineato l’importanza della decisione della Consulta, rilanciando l’invito rivolto dai 5 Stelle al Parlamento: “A questo punto dovremo muoverci e modificare l’art. 580, legiferando presto e bene sulla questione. Se non lo faremo al più presto, saremo costretti ad affrontare altri casi come quelli di Welby, Englaro e Fabo. La strada ormai è segnata ed è quella che abbiamo scelto di seguire nel ddl a mia prima firma sull’assistenza al fine vita presentato proprio ieri in Senato”. La senatrice ha voluto inoltre sottolineare che il Parlamento è stato scavalcato dalla Corte, come anche in altri casi, ma perché tende a tirare per le lunghe sulle questioni più delicate ed in questa situazione non è riuscito a risolvere i problemi. “Dobbiamo muoverci ora che l’aria è cambiata – ha poi concluso – dato che senza gli oscurantisti della destra abbiamo a disposizione in Parlamento una maggioranza più omogenea ed attenta alla delicatezza del tema”. Le ha fatto eco il vicesegretario dem Andrea Orlando: “La sentenza della Corte indica una strada che dobbiamo seguire, ma mi auguro che in Parlamento non si crei un bipolarismo etico. Dobbiamo colmare un vuoto di cui siamo tutti quanti responsabili, è sempre una sconfitta per la politica quando una materia come questa viene disciplinata da una sentenza”.
La Consulta ha in effetti sollecitato il Parlamento a muoversi sul tema: “in attesa di un indispensabile intervento del legislatore” – si legge nel comunicato – “la Corte ha ritenuto di subordinare la non punibilità al rispetto delle condizioni previste dalla normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua (articoli 1 e 2 della legge 219/2017) nonché alla verifica sia delle condizioni richieste che delle modalità di esecuzione da parte di una struttura pubblica del SSN, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente”. La Corte sottolinea che l’individuazione in via estensiva di queste specifiche condizioni e modalità procedimentali, desunte da norme analoghe già presenti nell’ordinamento, si è resa necessaria per evitare rischi di abuso nei confronti di persone particolarmente vulnerabili, come già sottolineato nell’ordinanza 207 del 2018 (la prima resa relativamente al caso dell’attivista radicale Marco Cappato, impegnato in una battaglia per la legalizzazione dell’eutanasia e processato appunto per assistenza al suicidio). In sostanza, per quanto concerne il giudizio di altre condotte riconducibili al tema del suicidio assistito, i giudici di merito dovranno ora valutare la sussistenza delle condizioni richiamate dalla Consulta, in attesa di un intervento esplicito, omogeneo e completo del legislatore.
Francesco Gagliardi
Fonte immagine: roma.corriere.it