Cronaca

Scontri finale di Coppa Italia:arrestato capo ultras della Roma. Quando la vergogna macchia lo sport

ROMA, 4 MAGGIO 2014 – C’era una volta il derby Roma-Lazio del 21 Marzo 2004, una partita attesa dalla Capitale con la tensione a mille, una partita mai terminata quella notte. Era il numero 154 nella cronologia della stracittadina capitolina, quello che sarebbe poi passato alla storia come “il derby del bambino morto”, quello che fu sospeso perché, a partita già iniziata, fra la tifoseria giallorossa iniziò a circolare l’infondata voce di un bambino morto dopo essere stato travolto da un’auto della polizia durante gli scontri del pre-partita. Lo stadio insorse, la partita venne rimandata a data da destinarsi e il calcio italiano si vergognò di se stesso.

Dieci anni e una manciata di giorni dopo, un altro episodio vergognoso lascia l’ennesima macchia sul volto dello sport nazionale, e i nomi dei protagonisti si ripetono e si sovrappongono, in un desolante meccanismo ciclico che vede la storia ripetere tristemente se stessa. Il sito tgcom24 riporta la notizia dell’arresto, avvenuto durante la notte, di Daniele De Santis, ultrà giallorosso ricoverato al momento in ospedale con una gamba rotta e già noto agli onori della cronaca per essere stato coinvolto nella vicenda giudiziaria, poi prescritta, relativa al derby sospeso del 2004. L’accusa nei confronti di De Santis è quella di tentato omicidio, ma restano ancora da chiarire le dinamiche degli avvenimenti che hanno portato all’esplosione dei colpi di pistola poco prima delle 19, non molto lontano dallo stadio Olimpico.[MORE]

Ciò che accaduto ieri, dentro e fuori lo stadio, ha aggiunto un’altra pagina nera nel libro del calcio italiano, gettando altro fango su una storia segnata da straordinari e sensazionali successi ma anche da tanto disonore e vergogna. La sparatoria avvenuta fuori dallo stadio niente ha a che fare con lo sport e con il tifo genuino e autentico che tanto si cerca di promuovere in questo Paese, è piuttosto una prova di puro degrado umano, di fede calcistica che diventa ossessione e pretesto per giustificare anche gli atti più violenti, nascosti dietro un falso amore per la maglia. Il tifo pulito, il calcio, quello vero, è tutt’altra cosa.

Sul web si polemizza da ieri notte sull’immagine, ormai divenuta virale, del capo ultras del Napoli che, nel mezzo del caos di uno stadio che rischiava di implodere, ha dato ai capi delle forze dell’ordine l’ok per far giocare la partita, con tanto di maglia con su scritto “Speziale Libero”, sbattuta fieramente davanti alle telecamere. La promessa di tifare in silenzio, per rispetto ai tifosi colpiti, è stata mantenuta a lungo, e la tesissima partita è terminata con la vittoria del Napoli e con una manciata di tifosi partenopei che, dopo aver invaso il campo a fine gara, si sono recati sotto la curva viola per prendere in giro i tifosi sconfitti.

Ci sono momenti, pezzi di storia e trionfi, che meritano di essere ricordati con nazionale orgoglio da tutti i tifosi italiani, e ce ne sono altri in cui le curve fischiano l’inno nazionale e il Presidente del Consiglio abbandona lo stadio prima ancora del fischio d’inizio.
C’era una volta il calcio italiano, quello bello e pulito, quello delle domeniche allo stadio con tutta la famiglia, quello di Silvio Piola e del Grande Torino. E ora c’è questo, che non è calcio, che non è sport, che non è tifo, ma è solo degrado umano che si nasconde dietro una bandiera con i colori di una squadra.

(fonte www.tgcom24.com)
(foto www.corrieredellosport.it)

Elisa Lepone