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Festival di Roma, Quod Erat Demonstrandum di Andrea Gruzsniczki: il futuro è una terra straniera

FESTIVAL DI ROMA, IN CONCORSO: QUOD ERAT DEMONSTRANDUM DI ANDREA GRUZSNICKI, LA RECENSIONE - Storia di sorvegliati speciali, anzi, ordinari, nella Romania di Ceausescu, il film è intrappolato nel grigiore del proprio algido bianco e nero, salvo gli occhi di Ofelia Popii.

1984, anno di sinistre rimembranze orwelliane. Nella Repubblica Socialista Rumena il Big Brother è il Dipartimento di Sicurezza, la Securitate, che rende problematici spostamenti e pubblicazioni. A volte, anche amicizie. Così, in un trittico di amici di vecchia data s'insinua qualche ambiguità e qualche tentazione da talpa, allorchè uno dei tre, un matematico, pubblica un testo scientifico in un'università americana senza sottoporlo alle autorità, contravvenendo alla legge. E per la seconda parte del suo studio, sulle teorie di Fourier (un fisico che partecipò alla Rivoluzione Francese), avrebbe pensato all'amica partente, sposata, col marito già "evaso" a Parigi, ed il figlioletto un po' problematico, pronta a raggiungere il consorte e magari ad infilare di stramacchio tra un lenzuolo ed una blusa il fascicolo da pubblicare. Securitate permettendo. E i permessi si mercanteggiano. [MORE]

LA TALPA IN LETARGO - Quod Erat Demostrandum di Andrea Gruzsniczki è una spy story nel senso di storia di spiati, più che di spie, nonché sulla necessità di sorvegliare la propria etica in tempi di sorveglianza asfissiante, più che sulla sfida sorvegliati\sorveglianti. La premessa è dunque drammatica anzichè strettamente politica, e l'analogia si rinviene non tanto col recente La talpa di Tomas Alfredson, quanto con Le vite degli altri di Von Donnersmarck, miglior film straniero agli Oscar nel 2006, incentrato sui conflitti interiori di un operatore della Stasi nello scenario culturale della Berlino Est. Non esattamente esplosivi, i conflitti del film di Gruzsniczki sono di ambigua sottigliezza, così sottile da diventare fragile e non poter supportare l'urto emotivo che una vicenda del genere potrebbe scatenare. Per oltre due terzi il film è abbastanza letargico, non innesca dubbi e prepara, piuttosto, un ultimo terzo fatto di tentate sterzate. Ma la storia non si vivacizza - salvo una tesissima e meritevole, ma tardiva, sequenza in aeroporto, nelle ultime battute, che da sola potrebbe valere il film. Per larghi tratti, invece, i protagonisti, nè disperati nè desideranti, quasi algoritmici, sono separati da distanze troppo ragguardevoli per ingenerare qualche forma di scontro. Come da manuale della sceneggiatura, quando paura e desiderio si accendono, il film svolta: il desiderio della moglie rimasta in Romania è di raggiungere la terra straniera in cui si trova il marito, sentendosi semmai straniera nella propria patria; la paura è di non poterlo fare, o di dover sacrificare un valore per impacchettare la valigia.

BIANCHI, NERI E GRIGI - E il desiderio dell'Altrove, in generale, diventa il motore delle azioni dei protagonisti, che per invidia, ambizione o sempice ricerca della felicità guardano alla terra straniera. La tensione diventa però un fatto condominiale su scala Paese, e corre sul filo della carta straccia, condensandosi nell'immagine del tritacarte del Dipartimento di Sicurezza: ridotta, cioè, ad un fatto burocratico, sembrerebbe un ingrediente insipido del dramma psicologico, messo lì "quanto basta" per prescrizione. Nemmeno qualche spunto vagamente coppoliano (La conversazione), di blande paranoie d'esser spiati, hanno il tempismo opportuno.  I "grigi del comunismo" a cui ci si riferisce sono resi visivamente con una bella fotografia in bianco e nero, che consente molte modulazioni della gamma: anche questa, però, è una scelta tecnica, utile per la patinatura, ma ancora sorda allo schiocco delle briglie quando si sciolgono. Se non fosse per qualche lampo di passione negli occhi della brava protagonista femminile, Ofelia Popii, a noi queste talpe, aspiranti, tentate, recalcitranti o combattute, sembrerebbero tutte dello stesso colore: qualche sfumatura autunnale del letargo. Un teorema imperfetto, insomma, o la dimostrazione che anche quando è fatto bene un film non è per forza un capolavoro: 2 + 2 non fa sempre 4. Si poteva fare di meglio, sui dintorni esistenziali della dittatura di Ceausescu, che non fosse un'algida dittatura di stile.

TITOLO: Quod Erat Demonstrandum
REGIA: Andrei Gruzsniczki
ATTORI: Ofelia Popii, Sorin Leoveanu, Florin Piersic Jr., Virgil Ogășanu, Tora Vasilescu, Marc Titieni, Dorian Boguță, Alina Berzunțeanu, Lucian Ifrim, George Alexandru, Ada Zamfira
GENERE: drammatico
ORIGINE: Romania, 2013
FORMATO: b\n

Antonio Maiorino
Critico cinematografico e d'arte - on Twitter