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Festival di Roma 2013 - "Manto Acuifero" di Michael Rowe, un giardino per amico

Manto acuifero, presentato al Festival del Cinema di Roma 2013, è la seconda opera di Michael Rowe sulla trilogia della solitudine dopo Año bisiesto che ha vinto nel 2010 la Camera d’Or a Cannes.

Manto acuifero tenta di dilatare e contemporaneamente di catturare il tempo delle emozioni di una piccola e fragile intimità, quella di Caro, una bambina di otto anni che cerca di imprigionare il ricordo del suo papà entomologo nella vita di un giardino in cui ogni ramoscello, animale ed insetto sembrano evocarne l’assenza. Anche tu sei solo perché il tuo papà ti ha abbandonato?, chiede Caro ad un insetto mentre lo osserva passeggiare sulle sue dita. Il mondo di Caro è descritto con inquadrature che la isolano dal mondo degli adulti, i quali spesso intervengono per compiere aggressioni nei confronti di quel luogo magico incarnato da un giardino ed un pozzo, con cui si rappresenta la solitudine e l’amarezza inconsolabile di una bambina che deve accettare la separazione dei genitori e subire il rapporto con un estraneo che viene per lei definito un papà nuovo.[MORE]

La natura rappresenta per Caro una favola che si racconta attraverso l’immaginazione, è il luogo della luce, mentre l’appartamento in cui vive con la madre ed il suo compagno ne rappresenta l’oscurità. E’ una casa senza giochi, senza colori, senza amore, perché a Caro non bastano le attenzioni e le cure della madre da cui invece vorrebbe ricevere un’amorevole ed empatica comprensione del suo grande dolore. La sofferenza per la mancanza del padre rimane perennemente racchiusa nel suo animo, ne determina un senso di vuoto ed abbandono che si esprime nel silenzio dei giochi solitari, nel conforto di un giardino dove la natura, diversamente dalla famiglia, sembra prendersi cura con amore delle sue creature.

Manto acuifero è un atto di accusa contro la società di oggi che continua inesorabilmente a disgregare e distruggere con superficialità ed indifferenza i propri valori, privando il mondo infantile di riferimenti forti, coinvolgenti ed autorevoli. Focalizzato sul punto di vista della piccola protagonista, offre allo spettatore un mondo che si chiude su se stesso nell’urto doloroso con la realtà e lascia fuori campo i discorsi degli adulti, tuttavia sempre ascoltati dalla bimba, evitando i possibili dialoghi di confronto che, se anche dolorosi, sarebbero catartici e possibilmente in grado di lenire le sofferenze della piccola Caro.

 

La narrazione rimane ancorata ad un primo livello di esplorazione attraverso lo sguardo di una bambina, ma l’unico coinvolgimento è quello del regista, che forse sta esorcizzando un suo vissuto mentre lo spettatore, privato di emozioni, che dovrebbero provocare la sua empatia e la sua riflessione, resta infastidito e deluso: ancora un film per commiserarsi e commiserare il fallimento d’una società allo sfascio e priva di idee riguardo a possibili soluzioni affinché i piccoli siano salvaguardati dalle conseguenze delle scelte degli adulti.


Anno: 2013
Origine: Messico
Regia: Michael Rowe
Cast: Tania Arredondo, Arnoldo Picazzo, Zaili Sofia Macias
Durata: 85'

Gisella Rotiroti