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Festival del Cinema dei Diritti Umani, chiusura concorso nel segno de "Lo stato della follia"
IL FESTIVAL DEL CINEMA DEI DIRITTI UMANI DI NAPOLI CHIUDE IL PROGRAMMA DEL CONCORSO CON LA DENUNCIA DE LO STATO DELLA FOLLIA ED IL CORTO LA PAURA PIÙ GRANDE CON ALESSANDRO HABER. ATTESA OGGI PER LA PREMIAZIONE.
Si è chiuso ieri 23 ottobre il programma dei film in concorso al Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli, con una crescita esponenziale della tre giorni. Anche la serata di ieri ha ripetuto la formula dei due giorni precedenti, con due documentari corti per la sezione Human Rights Short e due lunghi per Human Rights Doc. Stasera alle 19.30 la premiazione, dopo un'altra giornata di incontri e forum, che proseguiranno domani (alle 10.00 una tavola rotonda su Val di Susa e Lampedusa) per concludersi con la cerimonia di chiusura alle 19. [MORE]
Il primo corto di ieri è stato Ahlem – Sogni di Alessandra Pescetta, che ha affidato ad un messaggio scritto una breve introduzione dell'opera (la regista era altrove per una non meglio precisata premiazione). In Sicilia, la tunisina Ahlem e la polacca Victoria sono due adolescenti che fanno spesso un gioco: "tu cosa sogni?", si chiedono, ed ogni giorno la risposta cambia, come in una difficile ricerca dell'identità e di un futuro sfuggente quanto scivolose radici. Al centro profughi di cui Ahlem è volontaria, si prepara l'accoglienza per i nuovi migranti. Qualcosa rovina la festa, libera i ricordi - e forse le paure. Il corto di Alessandra Pascetta si nutre di suggestioni emotive sospese tra la memoria e l'attesa e non manca d'elevarsi con scene sopra le righe (una sequenza onirica in bianco e nero, cinica e sognante a un tempo), ma le inquadrature, e soprattutto, le interpretazioni scolastiche stridono con una certa pretenziosità, sottolineata dalla melodrammatica colonna sonora con Bach.
La paura più grande di Nicola di Vico può piacere o meno, ma è da manuale del corto: sfrutta il limitato tempo del formato con una ouverture pregna di senso (un tambureggiante montaggio di telegiornali che stordisce e lava il cervello), un evento scatenante nelle prime battute, uno sviluppo coerente ed a sua volta culminante in un climax, infine il colpo di scena. L’informazione mediatica induce un padre (Alessandro Haber) a farsi giustizia su due giovani stranieri dopo lo stupro della figlia. Si tratta di un film progettato per far deflagrare presunte certezze, ma nonostante l'impostazione quasi scientifica tanto della narrazione quanto della propria tesi di fondo, possiede un notevole vigore sensoriale: sembra entrare, dagli occhi scavati di Haber, in un cervello che scoppia, in uno sguardo che si ottenebra.
Prima della chiusura in tarda serata con The land between di David Fedele (78', 2014), spaccato sulla vita dei migranti nel Marocco del Nord, lascia il segno Lo stato della follia di Francesco Cordio (70', 2013), una ricognizione sulla situazione degli OPG, i manicomi criminali: i 6 in Italia, che accolgono 1500 persone, versano spesso in condizioni inumane. Una commissione parlamentare ha indagato ed una legge ne ha fatto decretare la chiusura, già slittata più di una volta, ad aprile 2015. Un attore, ex internato, racconta, provoca, intenerisce, indigna. La varietà dei toni è probabilmente il tratto più incisivo del documentario, che mostrando anche il lato aggressivo delle vittime riesce ad evitare la retorica ed a perlustrare con fiuto giornalistico e sensibilità un territorio insidioso. Certo, il film si fa carico di un monito fortemente calato nel proprio tempo, per cui è ad obsolescenza programmata: tra due anni, con la chiusura degli OPG - purchè sia rispettata la legge - sarà in qualche modo meno attuale, ma il dovere di cronaca è compiuto con originale sorvegliatezza.
Altre perle, dunque, al Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli, in attesa di verificare quale, a giudizio della Giuria Ufficiale e della Giuria Giovani, sia la più preziosa. Dispiace notare ancora una partecipazione piuttosto modesta, forse sfavorita dagli orari. Sarà uno degli aspetti su cui lavorare negli anni successivi, laddove la qualità dei film in concorso, a parte fisiologiche oscillazioni, sembra un dato acquisito da cui partire.
A.M.