Salute
Federalismo, in sanità "Troppo spesso utilizzato come alibi"
ROMA, 30 SETTEMBRE 2011 – E’ stato presentato ieri il primo Rapporto dell’Osservatorio civico sul federalismo in sanità, nato per volontà del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva. Il quadro che ne viene fuori, benché preoccupante, non stupisce eccessivamente. Infatti, come sostenuto dal Tribunale per i diritti del malato (Tdm) di Cittadinanzattiva , “è evidente che in questo sistema, del tutto autoreferenziale, le Regioni da sole non ce la facciano”.[MORE]
Per questo, il Tdm ha proposto come possibile soluzione, un “Patto civico per la salute”, attraverso cui i cittadini possano partecipare, alla pari di Ministero, Regioni e enti locali, alle decisioni sul futuro del servizio sanitario nei proprio territori. “Abbiamo registrato, in questi ultimi tempi, segnali incoraggianti in questo senso, come la convocazione da parte delle Regioni delle parti sociali. E’ una buona strada, da seguire, a patto che quella con i cittadini non sia solo una consultazione, ma un luogo in cui si prendono decisioni vincolanti e operative”.
Commentando i dati, il Tdm ha affermato che, “Ci troviamo di fronte ad un ‘federalismo cristallizzato’: le difficoltà da noi denunciate qualche anno fa sono diventate una realtà stabile e che si ripete nel tempo. E’ evidente che in questo sistema, del tutto autoreferenziale, le Regioni da sole non ce la facciano. Ma per fare sì che non ci sia una sola ricetta, vale a dire taglio delle prestazioni e dei servizi ispirato a sole valutazioni economiche, è necessario individuare soluzioni attraverso il confronto con i cittadini e basandosi su due assi che consideriamo imprescindibili: sostenibilità e universalità del servizio”.
Sintetizzando i risultati dello studio, il coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva, Francesca Moccia, afferma, “Il federalismo è troppo spesso utilizzato come un alibi. Le differenze strutturali esistenti tra le Regioni sono state di fatto legittimate,giustificandole come inevitabili”.
Esempio lampante di ciò, sono le liste d’attesa che i cittadini devono affrontare per accedere alle cure. Secondo il rapporto, l’istituzione dei centri unici di prenotazione (Cup regionali), i quali avrebbero dovuto semplificare il rapporto tra la sanità e i cittadini, per alcune Regioni italine sono ancora un miraggio. Infatti sette Regioni, dal Veneto alla Calabria, risultano inadempienti.
Continua il rapporto, “ le Regioni si differenzino anche per il numero di prestazioni per le quali hanno stabilito tempi massimi d'attesa - dalle 125 del Piemonte alle note negative di Abruzzo, Calabria, Marche, Puglia, Sardegna, Toscana e Umbria che ne hanno definito soltanto 33 -, per non parlare dei piani regionali di contenimento dei tempi d'attesa: in stand by risultano ancora Calabria, Lazio, Basilicata, Piemonte e Sicilia. Insomma, il Sud stenta più del Nord. Anche sul piano delle strade alternative offerte al cittadino se si sforano i tempi massimi: nel Meridione non ci sono sbocchi se il sistema si rivela inefficiente”.
Purtroppo, nonostante il fatto che il legislatore abbia stabilito che i Livelli essenziali di assistenza (LEA) debbano essere uniformi sul territorio nazionale, questa è una condizione necessaria ma non sufficiente a garantire ai cittadini uguaglianza ed equità nell’offerta delle prestazioni sanitarie.
Per questo non stupiscono molto i dati del suddetto rapporto, ma occorre prevenire affinchè il divario tra le Regioni e, nello specifico, tra Nord e Sud, non diventi incolmabile.
Rosy Merola