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Falsità della firma sulla cartolina postale di ritorno:si può invocare solo con querela di falso
REGGIO CALABRIA, 26 MARZO - In tema di notificazioni a mezzo posta, al fine di escludere la riconducibilità della firma apposta per il ritiro del piego al destinatario dello stesso è necessario proporre querela di falso. Ciò è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza n. 8434/2018, depositata il 21 febbraio. [MORE]
Il caso. Con ordinanza il Tribunale competente, quale giudice dell’esecuzione, aveva respinto la richiesta principale avanzata da un uomo, volta a ottenere la dichiarazione di non esecutività della sentenza emessa nei suoi confronti dallo stesso Tribunale e non impugnata, stante la nullità di tale titolo esecutivo a causa della mancata notificazione del decreto di citazione a giudizio al difensore di fiducia, e aveva dichiarato inammissibile la richiesta subordinata avanzata dal condannato, di restituzione nel termine per proporre impugnazione avverso la medesima sentenza.
Avverso tale ordinanza il condannato proponeva ricorso per cassazione con due motivi di doglianza. Con un primo motivo denunciava la violazione degli artt. 670 e 420 bis c.p.p., a causa della errata dichiarazione di assenza dell’imputato, compiuta dal Tribunale nonostante l’omessa notificazione del decreto di citazione a giudizio al difensore di fiducia dell’imputato, che, quindi, rendeva pienamente legittima la richiesta di dichiarare priva di esecutività la sentenza resa in assenza dell’imputato; quest’ultimo, infatti, non aveva avuto effettiva conoscenza del processo, a causa della notificazione del decreto di citazione a giudizio a mezzo del servizio postale, e al giudizio non aveva partecipato neppure il suo difensore di fiducia, a causa della omessa notificazione del decreto di citazione; tale situazione consentiva di considerare l’imputato irreperibile, con la conseguente legittimità della richiesta di dichiarazione della mancanza di esecutività della sentenza di condanna pronunziata nei suoi confronti.
Con un secondo motivo denunciava la violazione dell’art. 568, comma 5, c.p.p., in quanto il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto qualificare la propria istanza di restituzione nel termine per proporre impugnazione come appello tardivo con annessa detta richiesta, sicché avrebbe dovuta trasmetterla, qualificandola come appello, alla Corte territoriale.
Il Procuratore Generale nella sua requisitoria scritta concludeva chiedendo l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, evidenziando la nullità della sentenza conseguente all’omessa notificazione del decreto di citazione a giudizio al difensore di fiducia dell’imputato, rimanendo irrilevante al riguardo la successiva nomina di difensore ufficio all’imputato rimasto assente nel giudizio di primo grado.
La Suprema Corte accoglieva il primo motivo di doglianza e riteneva assorbito il secondo. Il Supremo Collegio evidenziava che nonostante l’imputato avesse nominato tempestivamente e ritualmente un difensore di fiducia, allo stesso non era, però, stato notificato alcun atto processuale, cosicché nel giudizio l’imputato, rimasto assente, era stato assistito da un difensore nominato d’ufficio; altresì, neppure la sentenza di condanna era, poi, stata notificata al difensore di fiducia. Gli Ermellini stabilivano che la mancata notifica al difensore di fiducia, di cui era necessaria la partecipazione e perciò obbligatoria la presenza, determinava, dunque, una nullità di ordine generale, assoluta e insanabile, dell’udienza, ancorché tenuta in presenza del difensore nominato d’ufficio, e degli atti successivi, compreso il provvedimento conclusivo, in quanto la nomina fiduciaria non poteva, in presenza di tale omissione, essere surrogata dalla designazione d’ufficio da parte del giudice, di cui era irrilevante l’effettiva assistenza, giacché ciò determinava una lesione del diritto dell’imputato "ad avere un difensore di sua scelta", riconosciuto dall’art. 6, comma terzo lett. c), della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo. Ne derivava l’invalidazione del titolo esecutivo, come prospettato nella originaria istanza avanzata dall’imputato al giudice dell’esecuzione, la cui decisione risultava pertanto contraria ai principi sovraesposti.
Nel caso di specie assumeva rilevanza anche il principio secondo cui, in tema di notificazioni a mezzo posta, al fine di escludere la riconducibilità della firma apposta per il ritiro del piego al destinatario dello stesso era necessario proporre querela di falso «in quanto istituto elettivamente predisposto a privare l’atto redatto da pubblico ufficiale della sua attitudine probatoria, mentre non è sufficiente che l’interessato presenti una denuncia penale di falso nei confronti del pubblico ufficiale». Ed infatti nel caso in esame la notifica era avvenuta presso il domicilio eletto e ciò che si contestava era la mera riconducibilità della firma apposta sulla cartolina di ricevimento all’imputato, restando invece pacifico il perfezionamento del procedimento notificatorio.
Per tali motivi, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso, annullava l’ordinanza impugnata senza rinvio e disponeva la restituzione degli atti al Tribunale competente.
Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express