Politica

Eutanasia, la lettera ante mortem di Davide dovrebbe scuotere lo Stato silente

MILANO, 14 APRILE - E’ morto ieri in Svizzera, accompagnato da Mina Wellby, quel Davide Trentini desideroso di lasciare questo mondo. E’ stato portato lì, per assecondare le proprie volontà, considerato il vuoto giuridico nazionale dovuto all’immobilismo e al rumoroso silenzio politico.[MORE]

E’ un silenzio che fa male e non ascolta nella maniera più meschina, senza fornire risposte e nascondendosi altrove. La lettera di Davide è un monito alla rottura degli indugi: «Spero tanto che l’Italia diventi un Paese più civile, facendo finalmente una legge che permetta di porre fine a sofferenze enormi, senza fine, senza rimedio, a casa propria, vicino ai propri cari, senza dover andare all’estero, con tutte le difficoltà del caso, senza spese eccessive». Parole che raggelano e richiamano all’ordine, rispetto ad un vulnus legislativo ormai consolidato.

L’uomo, 53 anni, malato di sclerosi dal 1993 rappresenta il secondo caso italiano in Svizzera a causa dell’impossibilità di sottoporsi alle procedure, dopo quello del tetraplegico Dj Fabo, allora accompagnato dall’esponente di spicco di Radicali italiani, Marco Cappato. Il suicidio assistito di Davide Trentini si è così concretizzato, sposando l’ultimo viaggio verso la propria «sognata vacanza».

Nella lettera scritta, Trentini allarga le proprie riflessioni anche ad un altro possibile intervento legislativo, legato alla legalizzazione o comunque all’uso terapeutico della marijuana: «Spero anche che in Italia si arrivi presto alla legalizzazione, o almeno all’uso terapeutico. Io sono, abitando in Toscana, tra i pochi in Italia a ricevere puntualmente le mie cartine di marijuana tramite l’Asl, con ricetta del medico, e conosco molto bene i suoi benefici».

La storia di Davide Trentini è tutta raccontata in quella lettera: «Ho 52 anni. Sono malato di sclerosi multipla dal 1993, per i primi anni in forma tollerabile. Poi, la “stronza”, si è trasformata in “più stronza”: la secondaria progressiva. Negli anni, le ho provate veramente tutte, dall’interferone, prima quello settimanale, poi quello che mi auto iniettavo (e allora le mani funzionavano!) ogni due giorni, poi è cominciato l’orribile periodo della chemio».

«Non ce la faccio più senza nessuna prospettiva» - è l’osservazione conclusiva che si legge nella lettera. Come a dire, ho lottato e le ho provate tutte ma non è bastato. Trentini ha voluto anche ringraziare l’appoggio dell’Associazione Luca Coscioni e dello stesso radicale Marco Cappato, che ha richiamato anche per l’aiuto «dal punto di vista umano». Una lettera liberatoria e riflessiva, prima di spiccare il volo. Altrove. Perché in questo mondo sarebbe invece stato impossibile.

foto da: huffingtonpost.it

Cosimo Cataleta