Politica
Eni, Gela non chiuderà, previsto invece investimento
GELA, 21 LUGLIO 2014 – Il clima continua ad essere caldo a Gela. I sindacati presidiano le vie di accesso della raffineria ma è arrivata la promessa da parte dell’Eni che lo stabilimento siciliano non chiuderà e non licenzierà nessuno, anzi l’azienda è intenzionata a investire nell’isola.
A farlo sapere è stato l’Amministratore delegato Claudio Descalzi che ha spiegato: “Non abbiamo intenzione di andarcene né vogliamo toccare l'occupazione”. Ciò che si pensa di fare è la trasformazione della raffineria in verde per convertire il personale, la realizzazione di questo progetto necessita di un investimento di 2,1 miliardi di euro, che l’Eni è disposta a fare. La rassicurazione di Descalzi arriva dal Monzabico, dove attualmente si trova con il premier Renzi, per alcune trattative. “Non abbiamo intenzione di accedere agli ammortizzatori sociali – annuncia l’Ad - né di chiedere contributi al governo. Dobbiamo trovare una nuova strada perché la raffinazione non ha futuro non solo in Italia ma anche in Europa. Dal 2009, abbiamo investito nel reparto della raffinazione 2,9 miliardi ma abbiamo avuto perdite in Italia di 5,9, bisogna trovare un’altra strada”.
Le dichiarazioni dell’Amministratore del cane a sei zampe sono arrivate a conferma di quanto detto da Salvatore Sardo, chief corporate operation officer dell’azienda, che aveva annunciato l’esistenza di un progetto molto ampio dell’azienda che prevede anche il coinvolgimento dello stabilimento siciliano. “Non si parla di chiusura ma di riconversione; non licenzieremo nessuno dei nostri 970 dipendenti. Dirò di più: siamo disponibili a incrementare gli investimenti dai 700 milioni previsti a oltre 2 miliardi, in un progetto ampio che potrebbe coinvolgere altri settori, ad esempio l’esplorazione di idrocarburi, la raffinazione verde, e anche un centro mondiale di formazione manageriale sulle tematiche di salute, sicurezza e ambiente”.[MORE]
I sindacati però non restano del tutto convinti da queste promesse. “Eni non è più credibile – dichiara Sergio Gigli, segretario nazionale della Femca-Cisl – perché si è rimangiata un accordo firmato appena un anno fa, cancellando investimenti per 700 milioni di euro e 3.500 posti di lavoro tra diretto e indotto” Anche i lavoratori sono perplessi, “ritengono che il disimpegno sia stato già avviato da anni: il Sud conta meno del terzo mondo e infatti l'Eni a Gela vuole chiudere la raffineria mentre va ad investire 50 miliardi in Mozambico” afferma sulla stessa scia Emilio Miceli della Cgil che racconta proprio la rabbia che si respira davanti la raffineria.
Si è mossa anche la politica locale per questa causa, il Pd di Gela ha indirizzato una lettera al premier, in cui si legge: “La gravità del impone di intervenire in fretta per arginare una situazione vicina al collasso”. E i sindacati non si fermano, oltre i presidi, che ormai durano da oltre due settimane, sono stati confermati lo sciopero del 28 luglio a Gela, cui parteciperà anche Susanna Camusso, segretario Cgil, e la manifestazione del 29 che avrà luogo a Roma.
Michela Franzone