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Camposanto (MO) 20 ottobre 2012 - Circa 200 volontari provenienti da ogni parte dell’Italia, uno svizzero, uno spagnolo e due ragazze di Malta. 11 gesuiti, gruppi scout e parrocchiali. Cvx, meg, , 2 famiglie di Maranatha, una della Tenda di Abram e un gruppo della LMS: sono dati, è la realtà.
E’ il bilancio dei campi "Emergenza Emilia" allestiti quest’estate per le famiglie colpite dal terremoto: dal 17 giugno al 2 settembre in turni di 8 giorni pieni ciascuno, uno di formazione e 7 di servizio, tra Camposanto e Mortizzuolo Mirandolese (MO) si sono alternati volontari, si sono incrociati volti e vite, storie da raccontare, storie da ascoltare. Il lavoro dei volontari, perlopiù di età tra i 18 e i 30 anni, è consistito in attività ricreative con bambini delle scuole materne ed elementari, servizio nel campo tenda e, soprattutto, semplice e preziosa presenza. Ingegneri e psicologi hanno collaborato alla formazione dei volontari stessi, affiancandoli nelle attività e ascoltando a loro volta, perché la disperazione per aver perso qualcosa toglie sorrisi e parlarne, sfogarsi, aiuta.
E il lavoro più faticoso dei ragazzi arrivati a Camposanto è stato proprio provare a non lasciare che quei colori del viso e quella luce degli occhi degli emiliani potessero essere cancellati, spazzati via come ha fatto la terra con le loro case. Sotto il sole cocente di un’estate all’insegna dei cicloni storici, Caligola, Scipione e quant’altro, in tende strette sui campi di una regione che per il solo nome sa di abbondanza e abbonda di sapere, ai bambini non è stato negato il sorriso, agli anziani non è stata negata la parola, agli immigrati non è stato negato il pasto quotidiano.
Gli organizzatori dei campi, dal vicesindaco Luca Gherardi all’assessore Umberto Pignatti di Camposanto, la Protezione Civile, il mondo ignaziano e i volontari, anche non credenti, hanno risposto all’urgenza delle popolazioni colpite dal sisma con tempestività e sensibilità. Hanno animato le tendopoli con freschezza, giochi, canzoni. Aldilà delle differenze d’età e religione sono nate amicizie sincere dalla fonte del percorso biblico svolto durante la formazione al Centro Poggeschi e della spiritualità ignaziana.
Così i non credenti hanno sperimentato ciò che è frutto di Dio, i credenti ne hanno avuto conferma. E’ stato un ricevere ancor prima che un dare. Cosa si può offrire se non le mani aperte per accogliere? Molti dei volontari hanno parlato di quanto minimo fosse l’impegno richiesto loro, tanto da sentirsi a volte inservibili. Eppure ci sono stati, sono rimasti perché “ in queste situazioni di emergenza – ha detto Manuel della Rete Loyola - non sono la voglia di tanti di aiutare o i generi di prima necessità a mancare, quanto l’ordine e il coordinamento. E quindi il primo dovere per dare una mano è mettersi in ascolto dei bisogni delle persone e delle comunità, lasciando ogni spirito di protagonismo per rivestirsi di quello umile del servizio”.
E il rapporto con Camposanto continua. Due sono i progetti che la Rete Loyola vuole portare a termine: il primo è costruire nuove strutture antisismiche, parzialmente in legno, sul modello dell’asilo nido che sta per essere ultimato nel Parco Sonoro; il secondo è la ricostruzione della chiesa parrocchiale di Camposanto, la cui facciata è crollata in seguito al sisma. Lo scorso 28 settembre i giovani di Bologna hanno accolto il vicesindaco Luca Gherardi e l’assessore Umberto Pignatti in una serata di beneficenza per continuare a contribuire alla ricostruzione di Camposanto, e per continuare ad alimentare le amicizie nate sui campi. Perché in quelle tende è come se si fossero formate delle famiglie, dove la vicinanza dei volontari si è unita all’affetto e all’accoglienza delle popolazioni nei campi. [MORE]
Marco, un altro volontario, ha detto che “abbiamo ricevuto più di quanto abbiamo dato, Semplicità, umanità, condivisione”. La bellezza è tutta lì.
Ilaria de Lillo
(notizia segnalata da ilaria de lillo)
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