Politica
Elezione Presidenti Camera e Senato: raffica di schede bianche e fumata nera
ROMA, 23 MARZO – Fumata nera in entrambi i rami del nuovo Parlamento, riunito per la prima volta nella XVIII legislatura per l’elezione dei due Presidenti. Dalle prime due votazioni è infatti emersa una raffica di schede bianche, esprimendo in maniera lampante la situazione di impasse che caratterizza il quadro delle alleanze politiche sin dai giorni successivi all’election day. [MORE]
Nel primo scrutinio, le schede bianche sono state 592 nell’urna di Montecitorio, 312 invece a Palazzo Madama; 18, invece, le schede nulle alla Camera dei Deputati, 5 al Senato. A Montecitorio, comunque, hanno ottenuto una manciata di voti gli Onorevoli Brunetta (FI), Lupi (Noi con l’Italia, alleato del centrodestra), Bonafede e Tripiedi (M5S), Muroni e Stumpo (LeU) ed Ermini (PD). Separatamente, i vari gruppi parlamentari da poco formati avevano fatto sapere già giovedì sera che le prime votazioni sarebbero andate a vuoto, considerando il naufragio del primo tentativo di accordo. Neppure le poche schede compilate, infatti, sono state sufficienti ad individuare i nuovi Presidenti, non essendo ovviamente stato raggiunto il quorum necessario all’elezione delle due cariche dello Stato.
Ai sensi dell’art. 4 comma 2 del regolamento interno della Camera dei Deputati, l’elezione del Presidente deve avvenire a scrutinio segreto ed a maggioranza. È in particolare richiesto un quorum dei due terzi dei componenti nel primo scrutinio ed una maggioranza dei due terzi dei voti nel secondo e nel terzo tentativo, computando in tal caso nei voti anche le schede bianche; dopo il terzo scrutinio, sarà sufficiente raggiungere la maggioranza assoluta. Per l’elezione del Presidente del Senato della Repubblica, invece, l’art. 4 del Regolamento prescrive la maggioranza assoluta dei componenti l’assemblea già nei primi due scrutini; nel terzo, sarà sufficiente la maggioranza assoluta dei presenti. Qualora non dovesse risultare ancora un vincitore, il Senato procederebbe nello stesso giorno al ballottaggio fra i due candidati che abbiano ottenuto nel precedente scrutinio il maggior numero di voti, per poi proclamare eletto chi riesca a conseguire la maggioranza, ancorché relativa, delle preferenze; a parità di voti, entrerebbe in ballottaggio o verrebbe eletto il candidato più anziano d’età.
La seduta della Camera Alta è nel frattempo diretta dal Senatore a vita e Presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano, in quanto membro più anziano d’età. Nell’aprire la riunione dedicata alle prime operazioni di voto, Napolitano ha tenuto un breve discorso, affermando che “nell’attuale scenario, le nuove prospettive essenziali per il Paese devono tener conto del rispetto della volontà popolare e delle prerogative del Presidente della Repubblica, al quale rivolgo a nome di voi tutti l’espressione calorosa della nostra stima e fiducia” – in un passaggio sottolineato dagli applausi dell’Aula; poi ha spiegato che a suo avviso “i comportamenti elettorali hanno mostrato quanto poco avesse convinto l’auto-esaltazione dei risultati ottenuti negli ultimi anni da Governi e da partiti di maggioranza. Ha contato molto il fatto che i cittadini abbiano sentito i partiti tradizionali lontani e chiusi rispetto alle sofferte vicende personali di tanti e a diffusi sentimenti di insicurezza e di allarme. Sulla scena politica nazionale il voto del 4 marzo ha determinato un netto spartiacque, ad inequivocabile vantaggio dei movimenti e delle coalizioni che hanno compiuto un balzo in avanti clamoroso nel consenso degli elettori e che quindi di fatto sono oggi candidati a governare il Paese” – chiamando soprattutto M5S e Lega a farsi sostanzialmente avanti per costituire le maggioranze necessarie. L’assemblea della Camera dei Deputati è invece presieduta dal più anziano per elezione tra i Vicepresidenti della legislatura precedente, nella fattispecie Roberto Giachetti. Anche quest’ultimo ha aperto la seduta rivolgendo un saluto al Presidente Mattarella, “che nel suo ruolo di garante dell’indipendenza della Nazione interpreta con saggezza ed equilibrio il dettato costituzionale”, incassando a sua volta un lungo applauso da parte di tutti i presenti.
L’elezione dei Presidenti effettivi appare tuttavia ancora lontana: nel corso della prima riunione tra i capigruppo, infatti, è emerso chiaramente il secco rifiuto da parte del Movimento 5 Stelle sul nome di Paolo Romani, proposto dai leader della coalizione di destra dopo aver ipotizzato una spartizione delle cariche con i Pentastellati, cui sarebbe potuta andare la Presidenza di Montecitorio. Il veto su Romani potrebbe però essere solo l’effetto temporaneo della volontà della base del Movimento, chiaramente intenzionata ad evitare di passare alla storia per una sorta di secondo patto del Nazareno con Berlusconi, come del resto è emerso dalle ultime affermazioni del capo politico Luigi Di Maio. Tramite un post su Facebook, infatti, quest’ultimo ha spiegato che il M5S non intende al momento trattare con il leader del centrodestra, non volendo “legittimare chi non è stato legittimato dal popolo italiano”. I Pentastellati, inoltre, considerano Romani non candidabile in quanto in passato sarebbe stato indagato per bancarotta preferenziale e peculato. Il rebus appare allora sempre più complesso da risolvere, considerando che dall’altra parte del tavolo Berlusconi insiste nel rivendicare un ruolo centrale in capo al suo partito ai fini dell’elezione del primo rappresentante di Palazzo Madama.
Molto probabilmente, dunque, dopo le prime votazioni a vuoto potrà essere organizzata una nuova riunione con tutti i capigruppo dei vari partiti, promossa sempre dal M5S come quella di giovedì sera. Si cercherà, approfittando anche dei quorum più bassi previsti dai regolamenti, di trovare una convergenza già a partire dal terzo scrutinio su un nome che possa “rappresentare una garanzia comune”, come auspicato anche dal Segretario reggente del PD Maurizio Martina.
Francesco Gagliardi
Fonte immagine: notizie.tiscali.it