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Edio Costantini: "Ipocrisia e reticenza su doping mettono a rischio i giovani"

«Lo “sfogo” sulla legalizzazione delle sostanze dopanti, pronunciato dal capo della Procura antidoping del Coni, Ettore Torri, ha squarciato un velo di ipocrisia diffusa che nascondeva la gravità abnorme del problema. La Fondazione Giovanni Paolo II per lo sport auspica che questo ulteriore grido di allarme si trasformi in una presa di coscienza all’interno del mondo sportivo e contribuisca a orientare ancora più efficacemente la battaglia contro il doping». [MORE]Lo afferma Edio Costantini, presidente della Fondazione che dal 2008, anno della sua nascita, lavora alla promozione di progetti educativi e sportivi della Sezione “Chiesa e Sport” del Pontificio consiglio per i Laici e dell’Ufficio nazionale per la pastorale del tempo libero, turismo e sport della Conferenza episcopale italiana.

«Vedere un problema in tutta la sua portata – prosegue Costantini - è il primo passo per iniziare a risolverlo. L’emersione del fenomeno nello sport professionistico rappresenta infatti solo la punta di un iceberg. Sotto la superficie mediaticamente osservabile, il doping colpisce nell’ombra dilettanti e amatori, decisamente più vulnerabili ed indifesi degli sportivi da prima pagina. Diseducati ai valori delle regole e della vita, troppi giovani abusano di sostanze nocive alla loro salute, seguendo il falso idolo della vittoria e del successo sportivi. Spesso sono i genitori, le stesse organizzazioni sportive e gli sponsor a spingere gli sportivi a drogarsi. Si inizia fin dalle giovanili, nei campionati amatoriali, nelle gare dilettantistiche e si continua, a livelli industriali, nel professionismo.

Proprio la diffusione del doping tra i giovani delle palestre e delle società sportive locali dovrebbe chiarire che la grande battaglia contro il doping non la si vince con la sola repressione né con i soli tribunali. Solo l’educazione può sconfiggere la piaga del doping: educazione ai valori della vita, educazione al rispetto delle regole e del proprio corpo. La tutela della dignità della persona nello sport è al centro dell’etica sportiva quale ci è stata additata dai formidabili insegnamenti di Papa Giovanni Paolo II. La cultura dello sport – conclude Costantini – non può che essere cultura che difende la vita contro ogni manipolazione o scorciatoia. Perché, come l’associazionismo sportivo di ispirazione cristiana ha da sempre sostenuto, se lo sport non serve a “salvare” i giovani, allora è davvero tempo perso».