Politica
Ecco Razza o Nazionalità? Cos’è giusto negli atti ufficiali
Assistiamo al recente dibattito legislativo in sede di Commissione Affari Costituzionali sulla necessità di eliminare il concetto di “Razza” dagli atti ufficiali della PA e la sua sostituzione con il concetto di “Nazionalità” in quanto meno discriminatorio. Partendo dal presupposto che ai sensi dell’art 9 del GDPR è fatto divieto di “trattare dati personali che rivelino l'origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l'appartenenza sindacale, nonché trattare dati genetici, dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all'orientamento sessuale della persona” a meno che non sia stato espresso il consenso al trattamento de dati personali o il trattamento è necessario ad assolvere obblighi e diritti specifici del titolare, materia di diritto del lavoro, medicina preventiva, sicurezza sociale e protezione sociale nella misura in cui sia autorizzato dal diritto dell’Unione o degli Stati Membri o da contratto collettivo in presenza di garanzie appropriate per gli interessati. E in tutti i casi previsti dal citato articolo 9.
Ma innanzitutto dobbiamo capire cosa intendiamo con razza e cosa intendiamo con il concetto di nazionalità. Il concetto di razza riferito agli uomini dal punto di vista semantico, rappresenta una categorizzazione di gruppi di esseri umani o insieme di popolazioni che appartengono alla medesima specie, che hanno in comune tipiche caratteristiche peculiari morfologiche, o sociali dissimili da quelle di altre popolazioni relative alla stessa specie. Tale categorizzazione ha motivazioni puramente sociali e politiche. Dal punto di vista biologico non esistono razze umane diverse.
Ad ogni modo il concetto di razza nella specie umana risulta essere implicitamente accettato e istituzionalizzato in molteplici normative internazionali e nazionali. Se prendiamo ad esempio la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani leggiamo all’art 2: “Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione”. Stessa medesima considerazione è tenuta da svariate legislazioni nazionali non a caso ad esempio: l’art 3 della nostra Costituzione recita “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. La domanda sorge spontanea se in tali normative il concetto di razza viene richiamato e incluso e anzi diviene oggetto di tutela, perché lo dobbiamo eliminare dagli atti ufficiali della Pubblica Amministrazione per sostituirlo con cosa? Con il concetto di Nazionalità? Ma allora cosa vuol dire il termine nazionalità?
Con il termine Nazionalità intendiamo il senso di appartenenza da una nazione per lingua, cultura, tradizione religione, storia, quindi il concetto di nazione è il complesso di quegli elementi culturali che caratterizzano un gruppo etnico e tale concetto viene spesso usato come termine politicamente corretto in luogo di razza. La differenza principale tra i due concetti è che l’etnia si basa sulla storia comune di una popolazione identificata resa più forte dall’avere una stessa lingua, cultura, religione mentre la categorizzazione razziale sostiene il suo fondamento su comuni tratti fisici e genetici.
In realtà classificare la specie umana in razze è uno sforzo inutile: non vi è una distinzione genetica, poiché tutti i geni rilevanti sono presenti in tutte le popolazioni, anche se in proporzioni diverse pertanto sia in linea teorica che pratica il dibattito normativo che sta avvenendo in tali giorni, non avrebbe ragione di esistere e altro non è che un vuoto formalismo che si basa su una falsa morale quella del corretto politicamente che sta spopolando negli ultimi tempi in nome della quale si impongono revisioni ad opere letterarie, romanzi vengono censurati dai programmi didattici, film vengono rivisti e rigirati senza tuttavia cambiare la situazione reale ed effettiva. E poi quand’anche il termine razza venisse sostituito con il concetto più generico ma comunque inclusivo della razza stessa, e cioè quello di Nazionalità di sicuro la questione potrebbe essere portata innanzi al Garante dei Dati Personali e il termine potrebbe essere incluso nel novero dei dai sensibili di cui all’art 9 del GDPR e ricevere la tutela adeguata al pari degli altri dati.
Da qui, per meglio chiarire quanto argomentato: il termine Nazionalità, anche se concetto più generale, dovrebbe essere sempre posto in stretta tutela privacy ,poiché dall’indagine statistica della popolazione di una Nazione, si può facilmente evincere la sua composizione, e cioè la razza prevalente e quella minoritaria e non evitare così, la forma di emarginazione della persona condannata ampiamente dal diritto antidiscriminatorio. Il tutto desumibile in modo inferenziale con facilità attraverso un processo deduttivo analogo a quello che permette di risalire dall’uso di farmaci alla malattia.
Per concludere la sostituzione dei termini “etnia” o “razza” con Nazionalità non è sufficiente e risolutivo dei possibili attacchi sociali alla sfera afferente ai dati tutelati dall’ art.9 del GDPR, potendosi risalire dalla Nazionalità a Razza con processo probabilistico, anche se approssimativamente: in definitiva una foglia di fico.
Per cui ripeto il termine Nazionalità dovrà essere necessariamente inserito nel citato art.9 .
Marco Rispoli (Davoli)