È valida la lettera di licenziamento inviata al vecchio indirizzo?
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VIBO VALENTIA, 05 AGOSTO - In tema di procedimento disciplinare e comunicazione degli addebiti, nonché del conclusivo licenziamento, laddove le lettere raccomandate non vengano consegnate al lavoratore per assenza sua e delle altre persone abilitate a riceverle presso il domicilio dichiarato al datore di lavoro, la comunicazione si presume conosciuta alla data in cui viene rilasciato l'avviso di giacenza del plico presso l’ufficio postale. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n. 20519/2019, depositata il 30 luglio.
Il caso. La Corte d’Appello territoriale confermava la decisione del Tribunale competente che aveva rigettato il ricorso di un lavoratore che aveva chiesto si accertasse l’illegittimità del licenziamento intimatogli dal datore di lavoro per prolungate assenze ingiustificate. Secondo i Giudici di seconde cure, gli atti del procedimento disciplinare e la conclusiva lettera di licenziamento erano stati inviati agli indirizzi via via dichiarati dal lavoratore all’azienda e dunque, pertanto, in applicazione dell’art. 1335 c.c., dovevano ritenersi conosciuti o comunque conoscibili da parte del lavoratore tenuto conto anche del fatto che la società datrice aveva inviato tutte le comunicazioni ad entrambi gli indirizzi conosciuti. Inoltre, ravvisavano nella condotta tenuta dal lavoratore un comportamento negligente e pregiudizievole della regolare organizzazione dell’attività produttiva dell’azienda.
Avverso tale sentenza, il lavoratore proponeva ricorso per cassazione. Secondo i Giudici di legittimità, andava ribadito che “ai sensi dell’art. 1335 c.c., ogni dichiarazione diretta a una determinata persona si reputa conosciuta nel momento in cui perviene all’indirizzo di questa. Si tratta di presunzione che opera per il solo fatto oggettivo dell’arrivo della dichiarazione in detto luogo, sicché ne consegue che, ove l’invio avvenga con lettera raccomandata a mezzo del servizio postale, non consegnata al lavoratore per l’assenza sua e delle persone abilitate a riceverla, la stessa si presume conosciuta alla data in cui, al suddetto indirizzo, è rilasciato l’avviso di giacenza del plico presso l’ufficio postale (cfr. Cass. 28/09/2018 n. 23589) con la conseguenza che incombe al destinatario l’onere di superare la presunzione di conoscenza provando di essersi trovato, senza propria colpa, nell’impossibilità di avere conoscenza della dichiarazione medesima, fornendo la dimostrazione di un evento eccezionale ed estraneo alla sua volontà quale la forzata lontananza in luogo non conosciuto o non raggiungibile. Tale impossibilità non è configurabile nell’ipotesi in cui il collegamento del soggetto con il luogo di destinazione della dichiarazione non rimanga interrotto in modo assoluto (cfr. Cass. 28/01/1985 n. 450, 02/2/1982 n. 6559). Tale presunzione non opera nell’ipotesi in cui il datore di lavoro sia a conoscenza dell’allontanamento del lavoratore dal domicilio e dunque dell’impedimento dello stesso a prendere conoscenza della contestazione inviata (cfr. Cass. 27/02/2015 n. 3984)”. Nel caso de quo, i Giudici di prime e seconde cure, avevano accertato che il lavoratore che ne era onerato non aveva provveduto a comunicare alla società il cambio di residenza secondo la procedura contrattualmente prevista.
Altresì, il giudice di appello aveva verificato che le certificazioni telematiche temporalmente contestuali all’invio della contestazione di addebito recavano quale "residenza e domicilio abituale" del lavoratore proprio l’indirizzo a cui la contestazione era stata inviata. In tale situazione di fatto non poteva essere addebitata al datore di lavoro, che peraltro nel caso di specie si era fatto carico di comunicare gli atti del procedimento a tutti gli indirizzi a lui conosciuti, una condotta che violasse i canoni di correttezza e buona fede che dovevano assistere l’esecuzione del rapporto e la presunzione di conoscenza stabilita dall’art. 1335 c.c., operava per il solo fatto oggettivo dell’arrivo della dichiarazione all’indirizzo del destinatario, dovendosi per tale intendere il luogo più idoneo per la ricezione e cioè il luogo che, in base ad un criterio di collegamento ordinario (dimora o domicilio) o di normale frequenza (luogo di esplicazione di un’attività lavorativa) o per preventiva comunicazione o pattuizione dell’interessato, risulti in concreto nella sfera di dominio o controllo del destinatario. Pertanto, veniva escluso ogni dubbio sulla regolarità del procedimento che aveva portato al licenziamento.
Per tali motivi la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.
Avv. Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express