Cultura e Spettacolo

È on-line il Manifesto Open Data Archeologici

 PISA, 31 OTTOBRE 2014- Il lancio del nuovo portale www.modarc.org è avvenuto con successo nella giornata di ieri. È ora consultabile il “Manifesto degli Open Data Archeologici”. [MORE]

La presentazione ufficiale del “neonato” si è svolta in mattinata in occasione della XVII edizione della Borsa del Turismo Archeologico di Paestum. L’iniziativa nasce dall’esperienza della Open School of Archaeological Data organizzata dal Laboratorio Mappa (Università di Pisa) e dalla collaborazione con il Gruppo Archeo&Arte della Sapienza di Roma.

Il logo del portale è sicuramente significativo: un lucchetto aperto che racchiude al suo interno lo strumento di lavoro principe per gli archeologici, ossia la trowel. Il manifesto nasce dalla volontà e dalla necessità di dare una scossa alla stagnante situazione italiana in merito all’apertura dei dati prodotti dalle indagini archeologiche.


Qual è la crociata portata avanti da una sempre crescente parte della comunità scientifica? Cooperare per rendere consapevoli gli addetti ai lavori  e soprattutto le istituzioni che gli open data sono utili. I dati archeologici prodotti diventano “beni comuni” e pertanto bisogna renderli fruibili da chiunque. Come dovrebbe accadere per la pubblicazione dei dati delle pubbliche amministrazione, essi diventano anche uno strumento nelle mani dei cittadini per monitorare l’effettiva virtuosità della spesa del danaro pubblico.
E’ possibile supportare l’iniziativa sottoscrivendo il manifesto nella sezione “Adesioni”.

Pubblichiamo di seguito il testo del Manifesto.

I beni archeologici sono beni pubblici, di tutti i cittadini, nell’accezione più ampia di bene comune: pubblici devono essere allora anche i dati che li descrivono. I dati archeologici riguardano tutti coloro che si occupano di archeologia: funzionari che si occupano di tutela e valorizzazione, ricercatori, liberi professionisti, cittadini che vogliono conoscere la propria storia e il proprio territorio, operatori nel campo del turismo, e così via.
Noi crediamo che l’accesso pubblico ai dati sia vitale se si vuole che la trasparenza e l’esaltazione delle buone pratiche siano il fondamento di una gestione consapevole e partecipata di un bene collettivo.


Crediamo quindi che, anche in campo archeologico, debba esistere un diritto di accesso al dato, in modo aperto e tempestivo. Siamo convinti che condivisione e libera circolazione dei dati archeologici permettano nuovi approcci per la valorizzazione e la tutela, più stimolanti prospettive di ricerca, sviluppo di nuove professionalità, incremento di un necessario e più ampio senso di appartenenza al patrimonio pubblico.
Crediamo che la libera condivisione dei dati archeologici dia agli archeologi la necessaria consapevolezza per riacquistare una forte rilevanza sociale ed essere realmente produttori e promotori di cultura. La pratica archeologica è un’attività di ricerca, e se la ricerca è libera – come sancisce l’art. 33 della Costituzione – liberi devono essere anche i dati e i risultati che ne derivano. Mantenere parzialmente o totalmente inaccessibili i dati, non corrisponde ai concetti reali di fare cultura, fare ricerca, gestire la cosa pubblica: tale atteggiamento è frutto di una impostazione ormai fortemente anacronistica.


Consapevoli che la realtà è orientata verso l’apertura e la condivisione, vogliamo non più limitarci alle parole, ma impegnarci concretamente per l’attuazione pratica di principi che non siano semplice dichiarazione di intenti, superando le resistenze, spesso pregiudiziali, in nome di un reciproco scambio di conoscenza e di una comune crescita ed evoluzione civica e culturale. Non si può più ignorare come oggi la tecnologia permetta di accedere a modalità facilitate di divulgazione e diffusione, mantenendo al contempo la paternità intellettuale e vedendo riconosciuta la propria autorevolezza e professionalità e come, dall’altro, sono ormai diversi gli esempi internazionali che testimoniano la riuscita di un modello aperto e partecipativo capace di generare positive ricadute per la ricerca, di incoraggiare il senso di responsabilità e di appartenenza nei confronti del proprio patrimonio e di potenziarne la tutela.


Crediamo che ora sia arrivato il momento di agire e di farlo in modo comunitario.
Perchè le parole non rimangano solo proclami, chiediamo:
- che la comunità archeologica italiana inizi ad intervenire con i fatti: noi, singoli archeologi, pur se spesso costretti ad operare in condizioni difficili in tutti gli ambiti, dobbiamo impegnarci in prima persona mettendo a disposizione in rete e con licenze aperte i dati di cui siamo autori;
- che ci sia un impegno comune nel divulgare tale azione affinché possa divenire la buona prassi di un intero settore, avviando così un processo virale che permetta di smarcare, e contestualmente accreditare, una pratica ancora oggi troppo poco diffusa;
- che il MIBACT faccia degli Open Data archeologici una propria bandiera di trasparenza e qualità, richiedendone con forza la produzione, incentivandone il riuso, aprendo senza limiti i propri archivi;
- che gli enti di formazione e ricerca si impegnino a dare conto della propria attività in modo aperto e accessibile, e concorrano a promuovere la filosofia open attraverso una didattica che miri a formare le competenze necessarie agli archeologi di domani.


E tu, sei pronto a superare il pregiudizio e a dare una mano?

da www.modarc.org