Cultura e Spettacolo

Up & Down, una grande gioia entusiasma il Teatro Politeama di Catanzaro

Catanzaro, 11 Novembre - Che non era la solita serata lo si è capito già appena giunti  nella piazza antistante il Teatro Politeama di Catanzaro. Bisognava fare la fila per entrare ma non era l'attesa abituale, il consueto vociare, c'era una particolare allegria  che ci riportava alla nostra infanzia. Tante famiglie con bambini, tantissimi giovani, molti di loro con diverse abilità. E sono stati proprio loro che, appena preso posto, hanno dato inizio alla festa, cantando e battendo le mani a ritmo sulle note delle canzoni di Rino Gaetano.

"Voglio ringraziare Paolo Ruffini per quello che ha fatto, questi spettacoli sono necessari, per la comunità, per questa società, perché bisogna rompere le gabbie mentali e questo spettacolo lo fa", con queste parole il Sovrintendente Gianvito Casadonte ha predisposto il numerosissimo pubblico all'importanza delle tematiche trattate nello show Up & Down di Paolo Ruffini,  spettacolo che avrebbe parlato di tutti noi anche se ancora non lo sapevamo. E non sapevamo neanche quanta gioia ci avrebbe messo, quanto ci saremmo divertiti e quanto ci avrebbe fatto riflettere.

Ancora prima che si aprisse il sipario la voce di Paolo Ruffini  spiegava l'importanza di essere felici, mentre i suoi collaboratori lanciavano in platea tanti grandi palloni gialli gonfiati con su disegnato lo Smile, l'emoticon molto in voga sui social. Tutti in piedi a rilanciarli l'uno verso l'altro e poi verso i palchetti dei primi piani, con tanti sorrisi veri ancora più grandi di quelli finti raffigurati sui palloni. Nel pieno di quelle scene di giubilo, ancora a sipario chiuso, esce Paolo, scende nel pubblico e inizia a spiegare che il suo sarà un fantastico One Man Show, con una grandissima scenografia e tanti effetti speciali. Si apre il sipario, però, e si capisce subito che qualcosa non va. La scenografia è vuota, soltanto alcuni alberi di Natale e un grande monitor a parete, tra l'altro appeso storto. Forte è il suo imbarazzo, è chiaro che qualcuno sta cercando di sabotare il suo show. La conferma non tarda ad arrivare, entra in scena lo scenografo, Giacomo Lagorio, ragazzo in carrozzina, che, in maniera irriverente e ironica, gli fa capire che con tutti i limiti che lui ha, quella è la scenografia che merita. Ruffini tenta di andare avanti ma, ad uno ad uno, si palesano tutti i sabotatori: la femmina fatale Erika Bonura, ragazza down, che concluderà ogni suo intervento con la parola "peccato!" e soltanto alla fine svelerà perché; Federico Parlanti, il saggio, il filosofo, il guru, che si definisce un down normale, ad un certo punto tenterà di far credere al pubblico di essere sfruttato in questo spettacolo, interviene Ruffini e gli chiede: «hai mangiato questa sera?», «si», «chi ha pagato?», «tu», «a fine mese ti pago regolarmente?», «si», «sei sfruttato in questo spettacolo?», e lui con aria da furbacchione dice «no», si gira di spalle ed esce prendendosi il meritato applauso; grande simpatia ottiene sin da subito Andrea Lo Schiavo, ragazzo down, imitatore che, ad ogni interruzione, dice a Paolo «tu sei famoso, ti ho riconosciuto, sei il numero uno, sei....» e di volta in volta per lui lo show man è Celentano o Totò, esibendosi in esilaranti imitazioni; le risate maggiori le provoca Giacomo Scarno, ragazzo down, maestro di galateo, si fa per dire, che ha un'idea fissa e la manifesta ad ogni ingresso  rivolgendosi alle signore del pubblico con un gesto inequivocabile che non si può qui descrivere ma è facile intuire; l'applauso più forte e lungo è, però, per David Raspi, gentiluomo, ragazzo autistico che dice di essere lui il vero Paolo Ruffini, è, infatti, livornese, ha gli occhi azzurri, ha la barba, ma sa cantare meglio e si esibisce con una bellissima voce da tenore intonando una parte del Nessun dorma, la celebre romanza della Turandot di Puccini, strappando tanti applausi anche successivamente esibendosi da ballerino.

Paolo non è tipo da arrendersi e tra un'interruzione e l'altra è riuscito con i suoi monologhi a dare messaggi molto importanti, a trattare tematiche come la disabilità, l'amicizia, l'amore, a far capire l'importanza che possono avere le arti, la danza, il teatro, il cinema, ed è riuscito anche a riportare indietro nel tempo i più grandi e ad incuriosire i più piccoli con il suo testo 'Ai miei tempi', i tempi in cui si telefonava con i gettoni o si rimandavano indietro i nastri delle musicassette con la penna Bic.

"Il disabile non è qualcuno che non si sente abile, il disabile è colui che dice ad un altro «tu non sei abile a ..». Siamo noi che ci rendiamo abili e disabili, visti da vicino nessuno di noi è normale, chi ha problemi lo sa che la vita può essere feroce, ma sa anche che può essere ferocemente meravigliosa. Tutti quanti abbiamo la libertà di essere noi stessi, di essere disabili. Nel momento stesso in cui vediamo un'opera noi vediamo riflessi noi stessi, diventiamo proprietari di quella bellezza gratuita, e la nostra relazione con la bellezza è diversa per ognuno di noi. Se c'è qualcosa che veramente ci accomuna è la diversità, l'accesso diverso alla meraviglia. La nostra vita è fatta di alti e bassi, di up and down, siamo tutti up quando le cose vanno come vogliamo e tutti down quando le cose non rispettano le nostre aspettative. Abbiamo una grande occasione, un'occasione bellissima, speciale, importante, quella di tenerci tutti stretti, meravigliosi come siamo, come dentro un grande abbraccio", questo è il messaggio più importante che Ruffini ha voluto trasmettere chiudendo lo spettacolo con un grande abbraccio sul palco tra tutti gli artisti ed una rappresentanza del pubblico.

Prima di concedersi ai tanti minuti di applausi finali è stato proiettato il trailer della versione cinematografica dello spettacolo e Erica Bonura ha svelato cosa intendeva quando concludeva i suoi interventi con la parola "Peccato!", «Peccato! Non sapete cosa vi perdete ad essere normali!».

Allo spettacolo hanno partecipato gli attori e ballerini, Rachele Casali, Irene MoriniAurora PaoliAndrea Benassi. Al pianoforte il maestro Fabio Marchiori. Tutto ciò non sarebbe stato possibile se non esistesse la compagnia teatrale livornese Mayor Von Frinzius, diretta da Lamberto Giannini, composta da circa ottanta attori di cui la metà disabili.

"Quando il teatro vive, la città sogna" aveva sostenuto in apertura il sovrintendente Casadonte e ieri la città ha vissuto un gran bel sogno. Non c'era modo migliore per commemorare il compianto, ex sovrintendente, Mario Foglietti per il secondo anniversario della sua scomparsa.

Saverio Fontana
Video amatoriale