Dopo l'uscita del loro Ep Potlatch, ecco l'intervista ai Vox Delitto
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MILANO, 1 DICEMBRE 2015 - Il loro EP di esordio, Potlatch, è uscito il primo di ottobre. Di seguito l'intervista ai Vox Delitto, altra band della scuderia Sotterranei.
- Chi sono i Vox Delitto?
Siamo cinque musicisti il cui intento artistico si radica in un comune sentire umano. La nostra musica cerca le sue motivazioni e i suoi impulsi dentro ciascuno dei componenti e dentro il bagaglio comune che ci lega. Molto di quello che facciamo non esisterebbe senza la nostra alcova, la Stanza, per la quale bazzicano altri musicisti con cui abbiamo un confronto costante, mescolando influenze e atmosfere, quasi fossero un prolungamento della nostra formazione. Diverse combinazioni di questi musicisti hanno prodotto diversi gruppi con diverse identità, a partire dagli Spleen, passando ora per il Progetto Tre Gatte, fino a progetti ancora in fase embrionale. Dentro la Stanza succede molto più di quanto poi effettivamente ne esca come prodotto o progetto finito, ma il tutto contribuisce fortemente a dar forma alla nostra musica.[MORE]
- Come ha preso forma Potlatch?
Potlatch ha preso forma in questo contesto. È il risultato della scrematura di una quantità ben più ampia di materiale, prima accumulato e poi disgregato. Parte di questo materiale appartiene a un repertorio composto nella prima fase di vita dei Vox Delitto, ancora pre-Sotterranei, mentre un’altra parte è stata composta durante la prima stagione del collettivo. Per questo Potlatch ha un aspetto discontinuo e frammentario, pur nella sua ricomposizione in un unico «rito» di liquefazione e disgregazione. A tenerlo insieme sono le atmosfere e le suggestioni, il suono. Ognuno dei cinque brani rappresenta un momento del rito.
- Nel disco suonano anche Pietro Berselli e Ulisse Schiavo, come è nata la collaborazione?
Pietro e Ulisse sono amici e compagni d’avventura nel progetto dei Sotterranei (Marco S., nostro bassista, suona, tra l’altro, nella band di supporto al progetto solista di Pietro). A loro ci lega un rapporto di stima, sono due cantanti molto dotati e molto, molto diversi. Avevamo bisogno di arricchire i nostri canti rituali di voci e colori: pensare a loro è stato automatico, essendo membri della stessa «tribù» sotterranea.
- Cosa rappresenta l’artwork di Potlach?
Quella che sembra una bolla, in copertina, è un fotogramma del primo esperimento nucleare condotto dagli Americani nel deserto del Nuovo Messico, il Trinity test. L’esplosione, che nella frazione di secondo in cui è stata immortalata ha una forma strana e ambigua, di un elmetto o di una particella al microscopio (ognuno vede qualcosa di diverso), è resa simbolo: l’esattezza della sua sfericità è icona della liquefazione della forma (la bomba infatti è già visibile sul retro in una prima fase della sua decomposizione distruttiva). Lo sfondo della bomba è una superficie marezzata, rugosa. Sembra uno di quei fluidi molto in voga tra i gruppi psichedelici, ma nell’immagine che si trova all’interno della busta si dichiara la sua natura: è la pelle bruciata dell’Hibakusha, l’«uomo affetto dalle radiazioni», colui che è sopravvissuto al rito di liquefazione, che ne porta addosso gli esiti tremendi.
- Avete in programma un Tour?
Sì, abbiamo già inaugurato il Potlatch tour il 31 ottobre insieme ai Telescopes e poi con altre date in Veneto. L’11 dicembre saremo a Fontanafredda, provincia di Pordenone, insieme ai C+C=Maxigross che presenteranno Fluttarn, il 12 saremo a Dueville al Viaroma17. Poi annunceremo altre date fuori dal veneto nei primi mesi del 2016.
- Salutate i lettori di GrooveOn consigliando tre album da ascoltare?
Sì, ma con la premessa che sono i primi tre che ci vengono in mente (altrimenti dirne solo tre sarebbe impossibile): una tappa obbligatoria del punk-new wave, Rattus Norvegicus degli Stranglers, un recente capolavoro italiano, Die di Iosonouncane e un prodotto della Stanza, Fossile del Progetto Tre Gatte.
Salvatore Saso Signoretti
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