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Doping, la rabbia di Malagò: Nessuno ha barato, i 26 atleti non c'entrano, è un errore di procedura
NAPOLI, 03 DICEMBRE 2015 – Il presidente del Coni Giovanni Malagò è intervenuto ai microfoni di Rtl 102.5 tentando di far chiarezza sullo scandalo doping che vede coinvolti 26 atleti azzurri. «Si fa molta confusione – ha spiegato Malagò - i 26 deferimenti della Procura antidoping sono un atto dovuto e solo per gli anni 2009-2012. Ma questi ragazzi non hanno barato». [MORE]
«Sulla base degli incartamenti arrivati a pioggia e a singhiozzo dalla Procura di Bolzano dopo le vicende che riguardavano il caso Schwazer – ha precisato il presidente del Coni- la Procura nazionale antidoping ha disposto questi deferimenti solo e semplicemente in quegli anni, tra il 2009 e il 2012, malgrado nessuno avesse segnalato questo comportamento anomalo, nessuno avesse effettuato un warning, un'ammonizione, un cartellino giallo, e quindi ha dovuto necessariamente predisporre un atto dovuto nei confronti di 26 atleti su un blocco di 65». Ma, ha proseguito Malagò, «questi ragazzi non sono persone che hanno barato, è semplicemente un fatto di procedure di comunicazione della loro presenza con dei sistemi che allora non erano quelli attuali, come le app, attraverso le quali vengono trasmesse le posizioni: all'epoca bisognava mandare dei fax che poi venivano inviati dalla Federazione alla Procura; insomma, era un sistema molto poco efficiente. Moltissimi atleti che hanno avuto questo tipo di problemi, sulla base di testimonianze, documentazioni e verbali, sono riusciti a dimostrare le falle del sistema: ci sono ampi elementi di giustificazione».
L'azione della Procura, ha concluso il numero uno del Coni, «è un segnale di grandissima serietà e trasparenza, perché dimostra di essere totalmente indipendente. L'attuale Federatletica non solo è estranea ma, per certi versi, è vittima. E il Coni, con tutto il rispetto, esce come un gigante».
[foto: sport.sky.it]
Antonella Sica