Chiesa e Società
Don Alessandro Carioti "Carta d'identità cristiana sbiadita"
Dalla pagina di Facebook di don Alessandro Carioti condividiamo la sua riflessione.
Vi immaginate se la fede cattolica, dovesse arrivare al punto di essere approvata da una massa di persone (anti-tutto) e non tenere più in considerazione la sua millenaria tradizione, il suo credo, la sua simbologia, i tesori spirituali e umani che, da sempre, hanno fatto nascere cultura/culture e animato la vita di miliardi di persone, molti dei quali martiri in nome di Gesù Cristo.
Certo, atei, agnostici, non credenti, anticattolici e quant’altro, ci sono sempre stati nella storia e ci saranno sempre. Ma qualcosa oggi è cambiato non fuori di noi, ma dal di dentro della nostra identità cristiana. Il resto è diventato solo conseguenza.
Quando la fede, in tempi non troppi lontani, era ancora ciò che animava le persone, essa era il terreno su cui si costruivano e si educavano intere generazioni. La fede cattolica era anche il principio ispiratore di un paese che “forgiava” le proprie leggi nel rispetto dei valori. Il cattolicesimo, allora, era considerato quasi un patrimonio che generava, civiltà, cultura, etica, principi non negoziabili, bensì ereditabili dalle future generazioni.
Il nostro paese è stato sempre ritenuto cattolico non per una semplice designazione storica o per statuto giuridico, ma prima di tutto in virtù di un “Credo divino”, rappresentato e vissuto da persone che hanno percepito la loro esistenza in un legame indissolubile e speciale con il vangelo e la voce della Chiesa.
In tal senso la gente sentiva il bisogno di tramandare, quasi in modo naturale, la genuinità e la bellezza dei valori, poiché ritenuti sacri.
Il nostro paese è stato cattolico non perché c’era bisogno di qualcuno che ci ricordasse tale espressione, ma era dichiarato tale per una sorta di “carattere distintivo”, un modo di pensare della gente che manifestava la propria ricchezza e interiorità spirituale, tradotta e insegnata dalla Chiesa, in verità, simbologia, segni, forma liturgica, dottrina.
Anche i segni rappresentavano la grandezza e la profondità della verità creduta. Pertanto, non c’era bisogno di ricordare che il crocifisso, quale simbolo cristiano per eccellenza, doveva essere rispettato e pregato. Era la gente stessa che, nel tenere a casa o il mettere un crocifisso in una stanza, lo percepiva come qualcosa che faceva parte sostanziale della propria “fede”.
Al di là del segno materiale, il crocifisso non era solo la memoria storica di un evento realmente avvenuto (il che poteva essere paragonato a qualunque personaggio storico del passato), ma esso era qualcosa che faceva la differenza rispetto agli uomini del passato e di quelli futuri. Il crocifisso era il fondamento della salvezza. Un simbolo che richiamava quell’unico e irripetibile atto d’amore divino, grazie al quale si è realizzata la salvezza di tutto il genere umano.
E la gente non si permetteva mai di disprezzare e di togliere un crocifisso dalla propria stanza o dalle aule delle scuole o da altri luoghi. Perché quel segno, in qualche modo, rappresentava il “sentire interiore” condiviso da tutti. E proprio perché rivelava qualcosa di sacro, tutti percepivano, in egual modo, l’importanza di quel simbolo.
Oggi tante famiglie, pur considerandosi cattolici/cristiani, mancano della consapevolezza e del significato di questo termine. Manca il legame e la partecipazione alla vita della Chiesa, il sentire comune per quanto riguarda la morale cristiana, la conoscenza della propria verità, la testimonianza e la difesa della propria fede.
La questione “crocifisso dalle aule” non è dunque da afferire ad una questione sociale e interreligiosa, riguarda piuttosto la “carta d’identità personale” che sta andando a sbiadirsi del tutto. Se abbiamo smarrito il significato della nostra cultura e della nostra fede, è ovvio che si lascia spazio e terreno al “qualunquismo di turno” che impera e governa la vita spirituale e sociale di un paese.
Recuperiamo la nostra fede personale e il nostro essere Chiesa.