Economia

Doing Business 2012: Il rapporto sui paesi dove è più facile fare affari

BOLOGNA, 21 OTTOBRE - "Doing Business 2012 - Doing business in a more transparent world": fare affari in un mondo più trasparente. Questo il rapporto pubblicato dalla Banca mondiale in collaborazione con l'IFC (International finance corporation) in cui vengono valutate le economie di 183 Paesi. Dall'avvio di un'impresa alla risoluzione di insolvenza e il commercio transfrontaliero.[MORE]

Lo studio, spiega la World Bank, si basa sull’analisi di 10 voci chiave del quadro normativo che riguardano “l’intero ciclo vitale” delle imprese. E tra questi parametri al nostro Belpaese vengono appioppati voti parecchio bassi su “procedure di attuazione dei contratti”, “pagamento delle tasse” e “accesso all’energia elettrica”.

I dati del rapporto di quest'anno coprono la regolamentazione in materia economica da giugno 2010 a maggio 2011. Le classifiche sulla buon riuscita nel “fare affari” hanno incluso (da quest'edizione) anche indicatori su come ottenere energia elettrica. Il rapporto rileva per esempio che ottenere un collegamento elettrico è più efficiente in Islanda, Germania, Taiwan, Cina, Hong Kong, Cina e Singapore.

La World Bank rende noto con un comunicato, che lo studio effettuato analizza le normative cui sono sottoposte le imprese nel ciclo della loro vita; non si spinge a esaminare tutti i fattori che possono incidere sull’attività di impresa, come ad esempio le valutazioni sulla sicurezza, sulla stabilità macroeconomica o sulla corruzione.

Al primo posto della classifica generale del fare business in modo facile e trasparente c'è Singapore, seguito da Hong Kong, Cina, Nuova Zelanda, Stati Uniti e Danimarca, primo fra gli Stati europei. Regno Unito al settimo posto, Germania al 19esimo davanti al Giappone, 29esima la Francia. Indietro l'Italia: 87esima. Italia che sprofonda sempre di più nella graduatoria sulla facilità normativa di condurre una attività di impresa. La penisola digrada ulteriormente da un posizione già non esaltante, su 183 paesi totali si ritrova all’87esimo posto dall’83esimo dello scorso anno.

Un dato significativo emerge tra i diversi fattori normativi esaminati nello studio: l’Italia si vede assegnare i voti peggiori sulle procedure volte ad ottenere l’attuazione dei contratti.
E' infatti al 158esimo posto. Come da previsione vista l'assenza di riforme.

Per quanto riguarda il pagamento delle tasse è al 134esimo posto; 109esimo posto sull’approvvigionamento di elettricità. Sull’avvio di una attività è al 77esimo posto, sulle procedute dei permessi di costruzione al 96esimo, su quelle di registrazione della proprietà all’84esimo.
Anche l’accesso al credito la posizione dell’Italia non è confortante: 98esima. Meglio sul commercio con l’estero, 63esima.

A stare dietro di noi sono esclusivamente nazioni dell'Africa o in generale del terzo mondo. A fare peggio tra i Paesi avanzati o emergenti, solo l'India (penultima).

Unica nota positiva tra questi parametri di valutazione sono le procedure di insolvenza sui pagamenti: siamo al 30esimo posto.

Trattandosi di una graduatoria che riguarda il quadro normativo, e non la mera competitività delle imprese, anche all’87esimo posto l’Italia risulta in una posizione migliore di due tra i maggiori paesi emergenti, la Cina, che è 91esima, e l’India 132esima. Fanalino di coda dell’edizione 2012 del rapporto è il Ciad, preceduto dalla Repubblica Centro Africana e dalla Repubblica del Congo.

Ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Lettonia e Capo Verde, Sierra Leone e Burundi, le Isole Salomone, la Repubblica di Corea, l'Armenia e la Colombia sono le economie riconosciute come le "most improved", cioè quelle hanno manifestato evidenti progressi evolutivi in materia normativa.

La Repubblica Coreana, in particolare, è una new entry tra le top 10. Negli ultimi sei anni, le economie di 163 Paesi hanno creato un contesto normativo più favorevole alle imprese. Tra queste, i progressi più evidenti li hanno fatti i Paesi emergenti, e in particolare Cina, India, Russia. L'Italia risulta progredita solo su una voce, quella della risoluzione di insolvenza.

Se fare impresa in Italia risulta alquanto problematico e burocraticamente impossibile, a resistere sono le imprenditrici “in rosa”. Nonostante la crisi e le difficoltà normative le imprenditrici fanno guadagnare all’Italia il record europeo del maggior numero di aziende ‘rosa’.

A rilevarlo è l’Osservatorio sull’imprenditoria femminile curato dall’Ufficio studi di Confartigianato. Nel 2011 in Italia operano 1.531.200 imprenditrici e lavoratrici autonome. Al secondo posto la Germania con 1.383.500 imprenditrici. In particolare, le donne alla guida di imprese artigiane sono 368.677.

Il Friuli Venezia Giulia guida la classifica delle regioni con le condizioni ideali perché si sviluppino l’imprenditorialità e l’occupazione femminile. Seguono Emilia Romagna e Umbria. Nella zona nera della classifica regionale finiscono invece Campania, Sicilia e Puglia.

Se fare impresa è sempre più un’occupazione femminile, le donne si fanno largo anche in settori all’avanguardia e tradizionalmente maschili. Le imprenditrici a capo di piccole imprese innovative, sono il 22,5% del totale degli imprenditori specializzati nei settori high tech.

Sabrina Brandone