Salute
DJ Fabo: Governo si costituisce davanti alla Corte Costituzionale
ROMA, 3 APRILE – Il Governo si è costituito nel procedimento che era stato aperto dinanzi alla Consulta lo scorso 14 febbraio su richiesta della Corte d’Assise di Milano, secondo la quale la materia del vecchio reato di aiuto al suicidio merita l’attenzione della Corte Costituzionale. [MORE]
Con un’ordinanza molto articolata, infatti, i giudici del tribunale milanese avevano sollevato questione di illegittimità costituzionale del reato di istigazione o aiuto al suicidio, di cui all’art. 580 del codice penale (introdotto con R. D. n. 1398 nel lontano 1930), accogliendo sostanzialmente la richiesta del Procuratore aggiunto Tiziana Siciliano ed ipotizzando una possibile violazione dell’art. 32 della Costituzione (“Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”), ma anche dell’art. 8 della CEDU (“Diritto al rispetto della vita privata e familiare”) e quindi, indirettamente, degli artt. 10, 11 e 117 della stessa Costituzione italiana.
La richiesta in questione è stata sollevata nel corso del processo (sospeso con la trasmissione degli atti alla Consulta) a Marco Cappato, il leader ed attivista radicale che aveva accompagnato il 40enne cieco e tetraplegico Fabiano Antoniani (soprannominato DJ Fabo) in una clinica svizzera, per aiutarlo a concludere le pratiche necessarie per porre fine alle sue incurabili sofferenze. Cappato è stato infatti imputato dalla Procura di Milano proprio con l’accusa di istigazione ed aiuto al suicidio, nonostante l’intenzione originaria dei Procuratori di chiedere l’archiviazione dell’indagine a suo carico, poiché il gip Luigi Gargiulo aveva disposto l’imputazione coatta e dunque il conseguente necessario esercizio dell’azione penale come atto dovuto, rinviando la decisione sulla rilevanza penale del comportamento dell’attivista ai giudici della Corte d’Assise.
Nel frattempo, l’Associazione “Luca Coscioni” (che si occupa di promuovere la libertà di ricerca scientifica, di cura e le altre libertà civili; affermare il diritto alla scienza ed all’autodeterminazione individuale; affermare in particolare i diritti umani, civili e politici delle persone malate e con disabilità) aveva raccolto 15mila firme in calce ad un documento nel quale sostanzialmente si chiedeva al Governo di non intervenire a difesa dell’art. 580 c. p. e dunque di non costituirsi nel processo-Cappato. Tra i più noti firmatari dell’appello, anche lo scrittore Roberto Saviano, il matematico Piergiorgio Odifreddi, il ginecologo Carlo Flamigni, Nerina Boschiero (Preside della facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Milano), Paolo Veronesi (docente di diritto costituzionale dell’Università di Ferrara), Emilio Dolcini (professore emerito di diritto penale dell’Università di Milano), Guido Stampanoni Bassi (avvocato e direttore di riviste giuridiche), Ernesto Bettinelli (professore di storia costituzionale all’Università di Pavia).
Per questo, amaro è stato il commento della segretaria dell’associazione Coscioni e coordinatrice del collegio di difesa di Cappato, l’Avv. Filomena Gallo, che ha aspramente criticato una decisione ritenuta “politica” rispetto ad una norma considerata “non degna di un Paese democratico”. Le ha fatto eco l’altra attivista Mina Welby (moglie di Piergiorgio Welby, uno dei primi malati di distrofia muscolare a chiedere volontariamente di non essere più alimentato in via artificiale), la quale ha parlato di “un grave passo indietro dell’Italia sul fronte dei diritti” e di un reato che “non ha più senso di esistere”, quale quello di istigazione al suicidio, quantomeno nella sua applicazione ai casi di assistenza ai malati terminali sofferenti.
Tuttavia, fonti interne al Ministero della Giustizia (citate da “Repubblica”) spiegano che l’intervento del Governo non punti ad evitare una declaratoria di incostituzionalità dell’art. 580 né una condanna di Marco Cappato, quanto piuttosto si concentrerebbe sulla possibilità di arrivare ad una pronuncia interpretativa di rigetto da parte della Consulta, ovvero a giungere ad una interpretazione costituzionalmente orientata della norma, leggendola alla luce dei più moderni principi del diritto umanitario. L’intervento dell’Avvocatura dello Stato, pertanto, sarà coerente con l’attività di “chi, nel rispetto delle volontà del malato, fornisca a quest’ultimo le informazioni e la collaborazione nelle fasi antecedenti al compimento materiale dell’ultimo gesto” e con i principi che hanno guidato l’introduzione della recente legge sulle disposizioni anticipate di trattamento e sul cd. biotestamento.
Francesco Gagliardi
Fonte immagine: notizieora.it