Estero
Guerra senza fine in Siria. Discorso di Assad in Parlamento ribadisce la linea dura
DAMASCO, 3 GIUGNO 2012 – È stato un capolavoro di mistificazione il discorso tenuto oggi da Bashar al-Assad presso il nuovo parlamento siriano, appena insediatosi. Il presidente ha definito la ribellione come un'operazione gestita da non meglio definiti «complotti stranieri contro la Siria», cui ha attribuito anche la responsabilità del recente massacro di civili (inclusi decine di bambini) nella cittadina di Hula. Di fronte a questa «guerra orchestrata dall'esterno», Assad ha rivendicato la necessità di «più audacia, fermezza e senso di responsabiltà». [MORE]Nonostante qualche accenno ad una «porta del dialogo sempre aperta», ha insistito soprattutto sul fatto che «non vi sarà nessun cedimento o nessuna clemenza nella lotta al terrorismo». Si è trattato, insomma, di un discorso complessivamente duro, che ha lasciato poco spazio alla diplomazia e si è avvalso come sempre di un'ipocrisia menzognera: la retorica del complotto internazionale e del terrorismo islamico.
Un'ipocrisia che ben si coniuga con quella riguardante la stessa assemblea davanti a cui ha parlato il raiss: per la prima volta una legge ha permesso l'esistenza di partiti diversi dal Baath (al potere da mezzo secolo), ma le elezioni sono state boicottate dalle opposizioni, che hanno parlato di «farsa». È infatti una strategia ben consolidata presso i regimi autoritari mediorientali, quella di fare concessioni liberali sul piano formale mantenendo però un controllo ferreo sulla vita politica e amministrativa del paese. Controllo che in Siria è stato esercitato per mezzo delle mukhabarat, le temute agenzie di sicurezza da cui dipendono, da decenni, la vita e il destino di ogni siriano. Ora, le forze governative sono scatenate, come testimonia il massacro di Hula. Il fatto che Assad continui ad attribuire all'islamismo radicale («pilotato dall'esterno») le efferatezze compiute dai suoi uomini – spalleggiato in questa tesi poco credibile dall'Iran, tradizionale alleato della dinastia sciita al potere in Siria – dimostra la totale assenza della volontà (o della possibilità), da parte del leader, di avviare un dialogo reale nei confronti del Libero Esercito Siriano.
Di fronte a questo atteggiamento, appare sempre meno credibile l'insistenza di Kofi Annan, inviato speciale dell'ONU, su un progetto di cessate il fuoco bilaterale che non sta funzionando e anzi mette il regime nella condizione di guadagnare tempo e perpetrare indisturbato la sua feroce repressione. Escludendo l'ipotesi di un nuovo intervento militare in stile Libia, che la comunità internazionale sembra per il momento escludere, un aumento della pressione internazionale (diplomatica ed economica) su Damasco sembra quindi indispensabile. Le recenti espulsioni degli ambasciatori siriani da Italia, Francia e Germania e i colloqui di fine maggio tra François Hollande e David Cameron sembrerebbero andare in questa direzione. Provvedimenti realmente incisivi sono però ancora tutti da definire; nel frattempo, in Siria si continua a morire.
Michele Barbero
(Immagine da todayszaman.com)