Politica

Direzione Pd: si unanime alla riforme, ma mancava la minoranza

ROMA, 22 SETTEMBRE 2015 – Una proficua direzione del Pd quella di ieri, il premier Renzi ha infatti incassato all’unanimità il si sulle riforme, ma al voto mancavano gli esponenti della minoranza Pd, che non hanno voluto partecipare perché “le riforme si votano in parlamento”. Un si ufficioso è arrivato anche da Bersani, anche lui assente alla direzione, ma che dopo l’ipotesi di Renzi di un nuovo “lodo Tatrella” ha commentato: "C'è stata una apertura significativa", dando così un segnale di distensione.

Il premier si è rivolto anche al presidente del Senato Pietro Grasso: “se decidesse di aprire su modifiche all'articolo 2 sarebbe un fatto inedito. Ci sono tutte le condizioni per chiudere entro il 15 ottobre". Prima del voto Renzi chiede "un'assunzione di responsabilità politica" ricordando che "un anno e mezzo fa la legislatura era morta, noi abbiamo preso un rischio e ora sarebbe un errore politico pensare di aver concluso l'opera".

L’ipotesi del nuovo lodo Tatarella sembra essere accolta dall’intera minoranza Pd, con la quale aveva spiegato il segretario si cerca un'intesa , che non comporti però veti e stravolgimenti della riforma. "Quando parlo di Tatarella non alludo al metodo, - ha detto nel suo intervento Renzi - ma al principio: nel '95 c'era un meccanismo di designazione dei consiglieri regionali che non necessariamente corrispondeva alla elezione diretta. Vedo questa una possibile soluzione, non essendo innamorato dell'una o dell'altra scelta. Nel '95 - ha continuato - in Emilia Romagna designarono il candidato alla presidenza della Regione Bersani: quando divenne ministro gli elettori non furono di nuovo chiamati al voto, ma i consiglieri elessero La Forgia". “Mi pare che Renzi abbia fatto un’apertura significativa: se si intende che gli elettori scelgono i senatori e i consigli regionali ratificano va bene perché è la sostanza di quello che abbiamo sempre chiesto”, commenta a fine serata Bersani, assente perché invitato alla festa dell’unità di Modena. [MORE]

Prima di arrivare a parlare della riforma del senato, Matteo Renzi impiega oltre un’ora per parlare di jobs act, immigrazione, legge di stabilità, buona scuola. Ed è proprio da questa che inizia, "che non è altro che un inizio di percorso" perché il premier ci tiene a dire che quella riforma "è stata resa possibile dalla vostra insistenza e tenacia. Subito dopo le amministrative anch'io ho avuto dubbi su quella legge. Ma grazie agli uomini e alle donne del Pd abbiamo detto si va avanti. Inizio da qui perché credo che un partito politico abbia il compito non sempre di assecondare gli umori". Poi, riferendosi al voto in Grecia (ma evocando in qualche modo un parallelo con i dissidenti interni al Pd), lancia la stoccata con ironia: "Le scissioni funzionano magari come minaccia, non tanto al momento elettorale. Chi di scissione ferisce, di elezione perisce e, per usare un tecnicismo, anche 'sto Varoufakis ce lo siamo tolto".

Ma poi iniziando a parlare di riforme dice: “"Il primo patto del Nazareno l'abbiamo fatto al nostro interno, è nato proprio qui. Abbiamo deciso noi di cambiare passo. Vorrei che la storiellina del golpe di Palazzo fatto a sorpresa può andare bene per un talk show, ma non per la realtà. Rispondo con una risata a chi parla di svolta autoritaria". E tornando indietro a quel febbraio 2013, quando il Pd non vinse le elezioni: "Questa legislatura è nata male, senza che si sia formato un governo. È nata con una non vittoria. Non è riuscita a fare né un governo né un presidente della Repubblica. La svolta è arrivata quando abbiamo deciso di fare le riforme".
A conclusione dell’intervento il premier traccia una mappa da seguire nel prossimo futuro. "Ora il Pd dovrebbe responsabilmente cercare un punto d'accordo" sulla riforma costituzionale e "credo ci siano tutte le condizioni per concludere entro il 15 ottobre la lettura in senato e spero anche prima perché non dimentico l'impegno sulle unioni civili. Entro gennaio ragionevolmente la camera farà la quarta e mi auguro conclusiva lettura" del ddl Boschi, "poi quinta e sesta e nell'autunno del 2016 il referendum che ci dirà se gli italiani sono con noi o se abbiamo sbagliato tutto", conclude Renzi.

(foto dal sito www.unita.it)

Michela Franzone