Estero
Direttiva comunitaria a favore del clima: i perchè del "no" polacco
Varsavia, 15 marzo 2012 Qualche giorno fa, durante un summit dell’Unione europea, Il governo della Polonia ha dichiarato formalmente che non intende uniformarsi alla Direttiva sul clima, che si prefigge di ridurre sensibilmente le emissioni di gas serra. Si tratta di una Direttiva, alla quale ogni stato europeo dovrebbe dare attuazione con delle leggi interne, la quale prevede un sistema per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra, al fine di diminuire tali emissioni. Questo sistema consentirà all’ ’UE e agli Stati membri di rispettare gli impegni di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra a livello internazionale.
Il “no” polacco ha ovviamente delle motivazioni ben precise. Le autorità della Polonia non nascondono di temere che il riscaldamento climatico stia divenendo un sotterfugio per promuovere le tecnologie in cui eccellono alcuni paesi “evoluti dell’U.E., come ad esempio quelle dei generatori eolici olandesi e tedeschi.La Polonia ha compiuto un grande sforzo per ridurre le emissioni di CO2, portandole dai 453 milioni di tonnellate del 1990 ai 377 milioni del 2009. [MORE]Ha inoltre migliorato l’efficienza energetica, sostituendo le proprie centrali di epoca comunista con impianti di ultima generazione, alimentati però anch’essi a carbone. Il problema è però che la strategia dell’Ue è finalizzata a eliminare quasi del tutto il carbone, ritenuto il combustibile più nocivo dal punto di vista delle emissioni.
L’energia ottenuta dal carbone diverrà quindi ben più costosa di quella ottenuta dal gas e dall’energia eolica. E la Polonia non ci sta a subire conseguenze negative per la propria economia di questa linea ambientale comunitaria. Il Commissario al bilancio, il polacco Janusz Lewandowski, ha addirittura insinuato dei dubbi sulla teoria del riscaldamento globale, invadendo da politico la sfera di competenza degli scienziati. In realtà, va considerato che ormai il discorso della salvaguardia ambientale va di pari passo con quello degli interessi economici, ed è naturalmente difficile far coincidere le due cose per tutti gli Stati membri.
Raffaele Basile
foto di Paolo Michelotto