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Diminuiscono i paesi con la pena di morte ma aumentano le esecuzioni

Com’è possibile che nel 21° secolo la pena di morte abbia ancora un posto nel sistema giudiziario mondiale? Sono ancora molti i paesi in cui tale punizione continua a mietere le sue vittime violando il diritto alla vita. Nel 1977, quando Amnesty International partecipò alla Conferenza internazionale sulla pena di morte a Stoccolma, i paesi abolizionisti erano appena 16. Oggi, il numero dei paesi abolizionisti ha superato quello dei mantenitori, ma non basta. Dall’analisi presentata recentemente a Roma nel corso del Rapporto 2011 (Nessuno tocchi Caino) è emerso che i paesi con la sedia elettrica sono diminuiti nel corso degli anni anche se paradossalmente il numero di esecuzioni è in aumento.[MORE]


Il 98,4 per cento di tutte le pene capitali (pari a 5746, in aumento rispetto alle 5670 dell’anno precedente) è stato registrato in Asia; nella sola Cina sono stati circa cinquemila i giustiziati, un dato non distante da quello registrato per il 2009 nello stesso paese. A preoccupare però è la situazione anche dell’Iran, dove nel giro di un solo anno il numero di esecuzioni è salito da 402 a 546, contribuendo notevolmente al bilancio mondiale, come sottolinea il Rapporto. Nella lista dei principali stati esecutori segue quindi la Corea del Nord, che conta per il 2010 una sessantina di giustiziati.

Eppure anche paesi decisamente più democratici contribuiscono ancora alla diffusione della pena capitale nel mondo: negli Stati Uniti sono state 46 le esecuzioni nel 2010, con lo Utah e lo Stato di Washington che hanno ripreso le esecuzioni dopo anni di sospensione. In Africa invece sono 43 le persone che hanno perso la vita giustiziate “ufficialmente” dalla legge, in sei paesi (Libia, Somalia, Sudan, Egitto, Guinea Equatoriale e Botswana). In Europa invece l’unico paese che ancora pratica la pena di morte è la Bielorussia, dove tra il 2010 e i primi mesi del 2011 sono state giustiziate quattro persone.

Roberta Lamaddalena