Cronaca

Diffamazione, il direttore di Panorama, Giorgio Mulè, condannato a 8 mesi di reclusione

FIRENZE, 24 MAGGIO 2013- Diffamazione e carcere, un binomio difficile da digerire che torna a far discutere. ll Tribunale di Milano ha condannato il direttore di Panorama, Giorgio Mulé, a 8 mesi di reclusione, senza sospensione condizionale della pena, nel processo su un presunto articolo diffamatorio pubblicato nel 2009 sul settimanale ai danni del procuratore di Palermo, Francesco Messineo.  Condannato a un anno di carcere anche un altro giornalista, Andrea Marcenaro, autore dell'articolo dal titolo "Spatuzza e le stragi del '93: aridatece Caselli". La sentenza è di primo grado, quindi, prima che la pena diventi definitiva dovrà superare il vaglio della Corte d'Appello di Milano e della Cassazione. «La miglior risposta alla mia condanna è nell'editoriale di oggi, scritto prima della sentenza: 'A Palermo parte la Norimberga de' noantri'», ha scritto su Twitter il direttore di Panorama.

Dopo la condanna dello scorso autunno di 14 mesi di reclusione inflitta al direttore de “Il Giornale” Alessandro Sallusti, poi graziato dal Presidente della Repubblica, il reato di diffamazione per mezzo stampa alimenta nuove infuocate polemiche. Solidarietà dal mondo della politica nei confronti dei due giornalisti condannati. «La condanna al carcere per il direttore di Panorama Giorgio Mulè e per il giornalista Andrea Marcenaro, emessa ieri dal tribunale di Milano – ha dichiarato il presidente dei senatori del Pdl, Renato Schifani - è una nuova pagina nera per la libertà di stampa nel nostro Paese. Credo che sia arrivato ormai il momento inderogabile per mettere in campo iniziative parlamentari condivise, in grado di sanare questo vulnus e di eliminare l'arresto per i reati d'opinione». Vannino Chiti, senatore Pd: «ll carcere per la diffamazione a mezzo stampa e' un errore che la democrazia non si può più permettere».

Il Cdr di Panorama ha espresso la propria vicinanza attraverso una nota «Ci colpisce la condanna a Mulè e Marcenaro (rispettivamente a 8 mesi e 1 anno) a cui viene negata la sospensione condizionale della pena e nei confronti dei quali – se la sentenza dovesse essere confermata nei successivi gradi di giudizio – si potrebbero aprire le porte del carcere. Ancora una volta alcuni giornalisti pagano con una misura intimidatoria, che potrebbe privarli della libertà, per un reato di opinione visto che viene dato atto che nessuna falsità è contenuta nell’articolo incriminato. I fiduciari esprimono piena solidarietà ai colleghi Mulè, Marcenaro e Arena e si appellano alla Federazione Nazionale della Stampa per una presa di posizione chiara in difesa della libertà di stampa sempre più minacciata dai poteri forti».

Per Enzo Iacopino, presidente dell'Ordine Nazionale dei Giornalisti  «Si tratta dell'ennesima prova dell'incapacità del legislatore di garantire la libertà di stampa. Durante la mia audizione al Consiglio d'Europa - ha dichiarato Iacopino all'Adnkronos - alla fine del mio intervento, dopo aver raccontato in che condizioni lavorano i colleghi, si sono alzati in piedi per applaudirmi. Un avvocato che ti manda una lettera con la minaccia di una querela per diffamazione, con la richiesta di centinaia di migliaia di euro, tiene sotto scacco il giornalista per tre anni, ti azzoppa. La commissione media di Strasburgo si accinge a infliggerci l'ennesima sanzione per questa normativa - conclude il presidente dell'Ordine dei giornalisti - che è una pistola alla nuca di migliaia di giornalisti e che io considero il primo e vero attentato alla libertà di informazione in questo Paese. Vivere sotto ricatto di una querela per diffamazione, con l'aspetto dei risarcimenti, è una cosa che credo sia una vergogna per il nostro Paese». [MORE]

Davide Scaglione