Salute

Diabete: in continuo miglioramento l'assistenza in Italia

MILANO, 3 APRILE 2013 - In progressivo e continuo miglioramento l’assistenza alle persone con diabete in Italia. Lo certifica il rapporto Annali AMD (Associazione medici diabetologi) 2012, “Analisi prospettica degli indicatori di qualità dell’assistenza del diabete in Italia: 2004-2011”, che valuta la qualità delle cure prestate nei centri di diabetologia nel nostro Paese. Il rapporto, presentato oggi a Milano, valuta il livello degli esami eseguiti, il tipo di cure erogate e i risultati conseguiti in 320 Centri di diabetologia (il 50% di quelli presenti sul territorio nazionale) distribuiti in tutte le regioni italiane, per un totale di quasi 550.000 persone (circa il 20% dei 3 milioni di Italiani con diabete) negli 8 anni trascorsi dal 2004 al 2011.

“Gli Annali AMD da sempre, siamo ormai alla ottava edizione, hanno l’obiettivo di fotografare la realtà assistenziale e offrire spunti di discussione sui traguardi raggiunti e sui bisogni inevasi della cura e dell’assistenza per il diabete in Italia”, ha detto Carlo B. Giorda, Presidente AMD. “A testimonianza del valore di questo lavoro, è utile ricordare che 18 degli indicatori valutati negli Annali AMD sono stati sostanzialmente adottati dalla International Diabetes Federation (Idf), e pubblicati nelle Linee giuda IDF 2012, per misurare in maniera omogenea, nel mondo, gli obiettivi di cura del diabete”, ha aggiunto.

Il miglioramento della qualità delle cure è testimoniato dall’aumento di 3 punti dello ‘score Q’ (Q per qualità), un “indice oggettivo che valuta l’efficienza delle cure e dell’assistenza prestate, e conseguentemente l’efficacia nel prevenire le complicanze tipiche del diabete, dall’infarto, all’ictus, ai disturbi della vascolarizzazione, alla mortalità”, ha spiegato Giorda. Tra il 2004 e il 2011 lo score Q per la cura del diabete tipo 2 è cresciuto dal 21,4 al 24,7, mentre è passato da 22,5 a 25 nel caso del diabete tipo 1. Ma il dato più rilevante è il grande aumento del numero di persone con diabete con indice superiore a 25 (dal 22,9% al 38,5% nel diabete tipo 2; dal 28,3% al 41% nel tipo 1), a fronte di una riduzione di quelle con score inferiore a 15 (dal 13,5% all’8% nel tipo 2; dall’11% a meno dell’8% nel tipo 1).

In parole più semplici: lo score Q varia da 0 a 40, più alto è, meglio è. Si calcola assegnando un punteggio agli interventi assistenziali, come la valutazione dell’emoglobina glicosilata (HbA1c, il parametro che determina il livello di controllo del diabete), della pressione arteriosa, del profilo lipidico (colesterolo), della microalbuminuria (il danno renale), e ai risultati ottenuti dalla cura messa in atto ossia il mantenimento di HbA1c al di sotto dell’8%, pressione inferiore a 140/90mmHg, colesterolo LDL a meno di 130mg/dl, impiego dei farmaci adatti alla protezione renale. Un punteggio superiore a 25 significa che la qualità di cura e assistenza è in linea o migliore (al crescere del valore) degli standard attesi; tra 25 e 15 il rischio di complicanze della malattia aumenta del 20%; sotto a 15, il rischio cresce all’80%.

“Uno score Q medio di 24,7 nella cura del diabete tipo 2 e di 25 per il tipo 1, rilevato su un campione che rappresenta la metà dei centri di diabetologia italiani, è indice di un livello di assistenza molto alto ed efficace del sistema in essere nel nostro Paese, riconosciuto, peraltro, dalla stessa federazione internazionale”, ha commentato Antonio Ceriello, Vicepresidente AMD e membro del Board europeo IDF.

“Questo risultato complessivo è frutto di una migliorata cura della persona con diabete nel suo complesso, non solo della cura della sua glicemia”, ha detto Giacomo Vespasiani, Coordinatore Annali AMD. Infatti, [limitandoci per ragioni di spazio al diabete di tipo 2 e rimandando per ulteriori approfondimenti al rapporto completo], da un lato le persone con HbA1c inferiore o pari a 7% (a target secondo gli Standard Italiani per la Cura del Diabete Mellito e le raccomandazioni dell’American Diabetes Association) passano dal 39% al 44% (+12%), e quelle con valore superiore a 8% scendono dal 35% al 27% (-22%), indicando chiaramente un miglioramento del controllo metabolico e un avvicinamento ai livelli auspicati dalle diverse linee guida. Dall’altro mostrano significativi passi in avanti anche i risultati degli interventi sul profilo lipidico e sulla pressione arteriosa, i principali parametri clinici associati alle complicanze cardiovascolari del diabete.

Nel periodo 2004-2011 si sono modificati in maniera evidente non solo il monitoraggio del colesterolo LDL ‘cattivo’, ma anche l’intensità degli interventi e il raggiungimento degli obiettivi terapeutici. Si è assistito al progressivo aumento della percentuale di persone con diabete cui viene misurato annualmente il colesterolo LDL (dal 57,2% al 73,8%), al significativo incremento delle persone con colesterolo LDL “a target” (dal 26,2% al 48,1%) e alla riduzione di quelle con colesterolo LDL superiore a 130 mg/dl (dal 39,6% al 21,7%). “Ciò è conseguenza del maggiore ricorso ai farmaci ipolipemizzanti, in particolare alle statine, il cui impiego è triplicato, essendo passata la quota di persone con diabete cui sono prescritti, dal 15,9% al 45%”, ha chiarito Vespasiani.

Anche la percentuale di persone in cura con farmaci antipertensivi è aumentata nel periodo considerato, praticamente raddoppiando sia per i pazienti in monoterapia (32,2% contro 60,4% nel 2011) sia per quelli in politerapia (17,4% contro 35,7% nel 2011). Si è dimezzata anche la percentuale di persone non trattate, nonostante valori pressori elevati (dal 60,4% al 30,2%). Tuttavia, se l’evoluzione dell’approccio terapeutico ha migliorato nel tempo sia la percentuale di persone con pressione arteriosa minore di 130/80 mmHg (10,8% nel 2004, 17,4% nel 2011) sia quella con valori superiori a 140/90 mmHg (64% nel 2004, 52,9% nel 2011), “questi risultati non sono ancora accettabili e lontani dagli obiettivi di cura indicati dalle linee guida. A tutt’oggi, la percentuale di persone con diabete in cura con i farmaci antipertensivi, ma con valori di pressione non controllati adeguatamente si attesta ancora su un 56,8%”, ha puntualizzato Vespasiani.

“Gli Annali AMD hanno ricevuto numerosi riconoscimenti a livello internazionale, perché costituiscono un database di informazioni inestimabile, che solo Paesi come la Svezia, Israele e in parte gli Stati Uniti, cioè l’elite della sanità mondiale, posseggono in forme assimilabili. A partire da quest’anno il Qatar darà inizio a una raccolta dati che si ispira fortemente a quella degli Annali AMD. Sono anche considerati dai ricercatori stranieri un’importante fonte di ispirazione per studi e analisi”, ha ricordato Ceriello.

“Come spesso accade, purtroppo, tanta credibilità all’estero, non ha prodotto analoghi riconoscimenti in Patria, dove abbiamo dovuto, per ora, riscontrare un rifiuto ad accettare i nostri indicatori, quali misuratori degli obiettivi del Piano Nazionale Diabete da poco messo a punto dal Ministero. Eppure, solo la possibilità di valutare efficienza ed efficacia delle cure prestate in ogni singolo Centro, su ogni singola persona con diabete, grazie allo score Q, fanno degli Annali AMD uno strumento straordinario e immediato per il miglioramento continuo della qualità e la programmazione di interventi volti a ottimizzare le risorse disponibili. Una nostra specifica proposta all’Agenzia Italiana del Farmaco e al Ministero della salute sarà presentata a breve e sarà oggetto di discussione al 29° Congresso Nazionale AMD che si svolgerà a Roma dal 29 maggio al 1 giugno prossimi”, ha concluso Giorda. [MORE]