Cronaca
Di Matteo, solo l'ergastolo spaventa i mafiosi
Ex pm da Annunziata,protesta Fi per parole su Berlusconi e mafia
ROMA, 3 NOVEMBRE - "Solo l'ergastolo spaventa i mafiosi". Ne è convinto l'ex pm della trattativa stato-mafia Nino Di Matteo - neoeletto consigliere al Csm, dopo le dimissioni delle toghe legate al caso Palamara - che ricorda come a Totò Riina non facevano paura dieci o venti anni dietro le sbarre, ma era disposto a "giocarsi i denti e fare di tutto" contro il carcere a vita.
Il magistrato siciliano ricorda anche - nello studio Rai di 'Mezz'ora in più' alla sua prima intervista tv dopo l'arrivo a Palazzo dei Marescialli, che ha suscitato numerose proteste da Forza Italia per le parole su Berlusconi - che "poco più di un anno fa abbiamo saputo che capimafia che hanno partecipato alle stragi erano sul punto di collaborare, ma hanno fatto un passo indietro perché aspettavano l'apertura di un varco" in attesa della Corte europea dei diritti dell'uomo che adesso ha messo al bando il fine pena mai.
Secondo l'ex pm - esautorato dal pool delle stragi dal Procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho per via di una intervista, vicenda al vaglio del Csm - si deve "evitare che il varco aperto dalla Cedu diventi molto più largo, occorre che il legislatore metta dei paletti". Per Di Matteo, si deve spiegare "che tipo di prova serve per dimostrare che sono stati rescissi i legami con l'organizzazione mafiosa: il solo dato della buona condotta in carcere, cosa che tutti i mafiosi osservano, non basta".
Quando l'ex pm, per il quale cinque anni fa erano pronti 200 chili di tritolo di Cosa Nostra, tocca il tasto delle indagini sulle stragi di mafia del '92-93, si scatena la reazione dei parlamentari azzurri. "Deve essere approfondita la possibilità che ci sia la responsabilità di ambienti e persone che non sono mafiosi. Il Paese - è il preambolo di Di Matteo - deve avere la volontà di approfondire. Perché sulle stragi si sa molto, ma non si sa tutto. Questo Paese sconta un deficit di conoscenza e memoria su certi fatti".
E Di Matteo parla della condanna definitiva del senatore Dell'Utri per concorso esterno in associazione mafiosa. Quel verdetto, dice l'ex pm, "ha sancito un fatto": che "venne stipulato un patto tra le famiglie mafiose con Silvio Berlusconi, e Dell'Utri è stato condannato come intermediario di quel fatto almeno fino al 1992.
C'è una sentenza di primo grado che dice che Dell'Utri l'intermediario lo ha svolto anche nel 1994 quando Berlusconi era premier e continuava a versare centinaia di milioni a Cosa Nostra". Per il senatore forzista Maurizio Gasparri, questa è una "vergognosa propaganda contro Berlusconi su Rai3. Di Matteo, ospitato per rinnovare accuse senza alcun fondamento, mentre non gli è stata fatta una domanda sul suo ruolo nelle indagini riguardanti Scarantino". "Ricordiamo che Scarantino - prosegue Gasparri - fu condannato per la strage di via d'Amelio.
Ma poi si rivelò estraneo alla vicenda. Anche Di Matteo svolse un ruolo investigativo. Su questa vicenda ci sono delle indagini in corso a carico di alcuni magistrati, mentre Di Matteo ha trovato posto al Csm. C'è molto da chiarire nelle vicende siciliane". "E su Di Matteo ci sarebbe molto da dire. Ma in Rai - conclude Gasparri - queste domande non gliele fanno. Chiederemo conto in Commissione parlamentare di vigilanza". Lo chiedono anche gli 'azzurri' Renato Schifani, Alessandra Gallone, e Giorgio Mulè.