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Decadenza Berlusconi: il Pdl attacca Grasso sul voto palese. Ma è scontro tra falchi e colombe

ROMA, 23 OTTOBRE 2013 - Il voto sulla decadenza di Berlusconi torna a tenere banco. Ad innescare questa volta nuove polemiche è una frase pronunciata dal presidente del Senato, Piero Grasso, che da Washington, dove è in visita ufficiale, ha detto: «Se il voto sarà segreto bisognerà vedere se sarà davvero un voto di coscienza o se dipenderà piuttosto da interessi diversi. Se invece il voto sarà palese, tutto sarà più chiaro».[MORE]

Parole che hanno immediatamente scatenato le reazioni del Pdl. «Le dichiarazioni del presidente del Senato, Pietro Grasso, sul voto segreto o palese non sono da presidente del Senato – ha affermato il capogruppo Pdl alla Camera, Renato Brunetta – ma da uomo di parte, anzi di fazione. Ritenere – ha aggiunto Brunetta – che i senatori col voto segreto possano rispondere a “interessi diversi” dalla coscienza è una insinuazione gravissima, che va contro il ruolo di garante della dignità dei parlamentari». E rincarando la dose Renato Brunetta cita anche Giovanni Falcone: «Il sospetto è l’anticamera della calunnia. Il presidente Grasso cerchi di far valere le regole invece di inventarne di nuove ad uso delle sue attitudini inquisitorie».

Sulla vicenda è intervenuto un altro autorevole esponente del Pdl, il capogruppo al Senato, Renato Schifani, peraltro presidente di Palazzo Madama nel precedente governo, che ha affermato: «È molto grave che il presidente Grasso ipotizzi il voto palese sulla decadenza, essendo il Regolamento sul punto chiaro ed inequivocabile. Un’eventuale interpretazione diversa in Giunta per il Regolamento – ha spiegato Schifani – sarebbe inaccettabile e noi ci opporremmo strenuamente ad una simile forzatura. Ci auguriamo che si sia trattato di un malaugurato fraintendimento. Un chiarimento sarebbe quantomeno opportuno».

Tuttavia al di là di tale diatriba regolamentare, nel partito di Berlusconi ritorna in auge un’altra essenziale problema: la tenuta del governo Letta in caso di decadenza del Cavaliere dalla carica parlamentare. Lo scontro in merito tra falchi e colombe è infatti più che mai aperto. Il voto di fiducia dello scorso 2 ottobre non sembra aver risolto in maniera definitiva la questione. Ed in queste ore è stato il ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, ovvero una cosiddetta colomba, a ribadire la sua posizione: «La crisi di governo è una pagina chiusa, archiviata. Tre settimane fa si è votata la fiducia al governo Letta e con quel voto si è preso un impegno chiaro: attuare il programma e lavorare fino al marzo 2015. Solo in quel momento faremo una verifica insieme e tireremo le somme. L’equazione decadenza-crisi non c’è più». Lo stesso ministro del Pdl ha comunque tenuto a precisare come «per altri la legge Severino non sarebbe stata applicata o comunque non sarebbe stata applicata così. Con Berlusconi si stanno usando metodi mai usati nella storia di questo Parlamento».

Precisazione che evidentemente non è bastata a Maria Stella Gelmini che ha voluto esprimere il proprio dissenso nei confronti dello stesso Lupi: «Rispetto l’opinione di Lupi ma non la condivido. Espellere dal parlamento una rappresentanza politica e con lui milioni di italiani che hanno votato Berlusconi senza avere nemmeno concesso un ricorso alla corte Costituzionale o alla Corte europea per verificare l’applicabilità e la legittimità costituzionale della Legge Severino credo sia un fatto gravissimo e lacerante per i rapporti interni alla maggioranza». E a domanda precisa sulla possibile riapertura di una crisi l’ex ministro Gelmini ha risposto: «Non sta a me annunciarlo, ma non si può liquidare questo tema come un fatto personale di Berlusconi: è un fatto politico e molto rilevante».

(Immagine da giornalettismo.com)

Giovanni Maria Elia