Dare del «Terrone» può comportare una condanna per ingiuria aggravata dal razzismo
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FIRENZE, 16 APRILE 2013- L’orgoglio meridionale potrà sentirsi risollevato alla lettura della sentenza n. 67/2013, pubblicata il 29 marzo dal tribunale di Varese (giudice monocratico Davide Alvigini).
Dare del «Terrone di m.!» può costare caro al reo nei confronti dei vicini di origine meridionale e non potrebbe essere diversamente, rileva Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, quando quest’ingiuria viene espressa con un vero e proprio odio razziale. Non si tratta, infatti, solo di beccarsi una multa che nel caso affrontato è stata inflitta nell’importo di 400 euro con pena sospesa perché l’imputato risultava incensurato, ma il giudice può riconoscere il danno alle parti civili oltre al pagamento delle spese processuali.
Vi è da sottolineare, infatti, che il reato d’ingiuria di cui all’articolo 594 del codice penale, in casi del genere può risultare “appesantito” dall’aggravante stabilita dall’articolo 3 della legge 133/93 per avere commesso il fatto per «finalità di discriminazione o di odio etnico o razziale».
Nel caso di specie, infatti, un anziano residente di un paese non lontano dal lago Maggiore è stato riconosciuto colpevole del reato d’ingiuria con l’aggravante di cui sopra e condannato al risarcimento equitativo di mille euro per ciascuna delle due donne offese, oltre altri 2mila euro di spese processuali.
La questione è arrivata al tribunale a seguito di una lite scaturita da divergenze relative ad un parcheggio che ha fatto emergere i rancori esistenti con la famiglia di origine meridionale che abitano al piano terra. In particolare, l’anziano inquilino del piano superiore è solito parcheggiare la propria auto in modo da impedire l’uscita al veicolo delle vicine. A seguito delle lamentele delle donne avrebbe risposto con una serie d’improperi e di insulti contro i meridionali («solo dei terroni possono parcheggiare in quel modo… siete una categoria di m.») alla presenza di alcuni ospiti delle persone offese.
Rileva il giudice che l’aggravante a sfondo razzista è operante perché l’agente esprime «in maniera inequivocabile» un sentimento di «grave pregiudizio e un giudizio di disvalore» nei confronti della categoria dei cittadini italiani del Mezzogiorno intesa come popolazione distinta per origini e tradizioni. Inoltre, è da ritenersi esclusa l’esimente della provocazione di cui all’articolo 599, comma secondo del codice penale laddove non risulta accertata l’illegittimità del posteggio rispetto al veicolo “incriminato” né che il reo si sia rivolto alla polizia municipale per farlo rimuovere. [MORE]
(notizia segnalata da giovanni d'agata)