Dal crowdfunding a Catacatassc' : intervista a La Bestia Carenne
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VITERBO 5 NOVEMBRE 2014 - Avevamo annunciato l'uscita di Catacatassc'. Dopo il successo del crowdfunding su Musicraiser, la band campana pubblichera il suo album di debutto il prossimo 11 novembre e noi abbiamo colto l'occasione per intervistarli.
Buona Lettura!
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Iniziamo parlando delle vostre origini, ma soprattutto cosa vuol dire "La Bestia Carenne"?
Tutto comincia inevitabilmente da un parto se anche il modello cosmologico più in voga tra i giovani scienziati del nostro secolo è, in fin dei conti, un mega-parto.
La bestia si è data alla luce dando alla luce “Ponte”, un esperimento al limite tra l’arte e la psicologia sociale: le cinque teste che formavano il nucleo primordiale della bestia Carenne hanno condiviso per più di un mese i ridotti spazi di una piccola casa di campagna registrando un piccolo album. Il risultato, distribuito sotto licenza Creative Commons, potete scaricarlo gratuitamente sulla nostra pagina di Sound Cloud.
Sono passati 3 anni da allora e sono cambiate un po’ di cose.
Lo scorso 25 ottobre abbiamo presentato, al Lanificio 25 di Napoli davanti a più di 500 persone, il nostro primo album ufficiale, CATACATASSC’, pubblicato dalla BulbArtWorks;
La banda non è più formata dalle stesse persone: hanno preso altre strade Vincenzo Ippolito e Luigi De Cicco. Ora la bestia si nutre di Giuseppe Di Taranto (voce, chitarra e flauti), Antonello Orlando (chitarra e corde), Paolo Montella (voce, basso e tastiere) e Giuseppe Pisano (percussioni);
Dall’11 novembre comincerà il tour di presentazione dell’album con date che toccheranno tutta la penisola, da Reggio Calabria a Milano, sulla nostra pagina facebook saranno pubblicate tutte le date.
Carenne? E’ semplicemente il nome della bestia. Ma attenzione, si legge come si scrive: “carenne” e NON “carèn”, alla francese.
Perché avete deciso di proporre una raccolta fondi su Musicraiser e cosa ne pensate del fenomeno del crowdfunding?
Registrare un disco è un processo economicamente molto impegnativo. Anche per chi come noi fa tutto da se, dalle registrazioni al missaggio, ci sono grosse spese da affrontare.
Noi siamo musicisti e solo quello, non solo i vizi restano fuori dalle nostre tasche.
Come tutte le esperienze che partono dal basso la “co-produzione popolare” muove dinamiche molto spesso contradditorie. Ci sarebbe molto da dire, tante domande da porsi: chi porta i grossi numeri di share su queste piattaforme, la miriade di gruppi emergenti o pochi volti noti (indipendenti)? Quali sono le campagne che realmente vanno a segno? Chi ci guadagna de facto?
Noi siamo molto critici e proviamo a considerare quante più variabili possibili nelle nostre scelte, anche a decisione presa avevamo molti dubbi. Li abbiamo risolti strada facendo.
La nostra esperienza di crowdfunding è stata spettacolare e non solo per il grosso risultato ottenuto. MusicRaiser è una piattaforma che da spazio a tutti indipendentemente dalla notorietà o dal premio richiesto. Durante quel mese di promozione ci è stata dedicata tanta attenzione, siamo stati seguiti passo passo, ci è stato concesso tutto lo spazio di cui avevamo bisogno in piena libertà e senza troppe riserve.
Come avete reagito allo straordinario risultato ottenuto?
Abbiamo festeggiato!
Come nasce Catacatassc' e perché questo nome?
Catacatasce significa lucciole. Così sono chiamti questi insetti nella parte bassa del Cilento (Antonello è della provincia di Salerno) ed in Basilicata (Giuseppe, l’anziano, è della Basilicata). Le lucciole sono le suggestioni notturne che ci hanno accompagnato durante tutte le registrazioni. Da “Ponte”, il nostro primo Ep, a Catacatassc’, il nostro ultimo lavoro. Per noi sono state come la manifestazione tangibile del tempo naturale con cui vogliamo affrontare il nostro percorso artistico. Non una logica del tipo “step by step”, nemmeno della serie “passo più lungo della gamba”: correre quando bisogna di farlo, aspettare se né può valere la pena. Bisogna solo collegare le cose tra loro, il percorso deve essere un viaggio.
I testi sono stravaganti, da dove traggono origine?
Ogni canzone ha una sua genesi. Non ci siamo mai posti quesiti sulla stravaganza dei nostri testi. Sappiamo solo che molto spesso hanno una matrice spontanea che è poi tecnicamente cesellata dalla lirica. In ogni caso sono principalmente le viscere a parlare. Gli intestini, i polmoni, i muscoli. Raramente cantiamo solo di testa.
All'interno di questo disco si ascoltano un gran numero di strumenti e sonorità diverse, come riuscite ad essere così eterogenei?
Semplicemente abbiamo registrato quello che ci piaceva senza confinarci in uno stile definito. Catacatassc’ è un album che ha corpo nonostante la varietà di genere. Questo perché abbiamo studiato a lungo le sonorità che volevamo sfruttare. Ci siamo concentrati molto sul suono, sull’ambiente e sugli strumenti. Insomma le canzoni suonano alla stessa maniera nonostante si passi dal country di “Transkei” alla milonga di “Jeanne” ai ritmi cadenzati de “Il sapore” a quelli sperimentali di “Toccare” alle lente ballate di “Cadillac”. Magari il prossimo album avrà un timbro monocromatico. Per ora ascoltate questo, ne varrà la pena.
Come pensate di riuscire a portare questo lavoro nella dimensione live?
E’ proprio nei live che riusciamo a tirar fuori la nostra peculiare molteplicità di genere. Il live è duro, è energico, ci sono delle canzoni davvero toste, rock. C’è una larga digressione acustica e d’ascolto. Lasciamo tantissimo spazio agli strumenti, all’improvvisazione. proviamo a curare dettagli e gli arrangiamenti per poi alla fine ballare. Si balla promiscui ed eccitati.
Ci raccontate l'esperienza delle riprese di "Una macchina trasversale"?
Le riprese del duello sono state le più divertenti. Eravamo a Tursi, nei calanchi di Tursi. Ci siamo sparati per davvero. Il fuoco al centro. I sacchi con il bottino. Il vento che ci fischiava nelle orecchie. Le mani tese e le pistole pronte a scoppiare. Che sfida. Siamo stati cowboy e per quattro giorni siamo stati bambini. Giocavamo, potevamo sporcarci, inseguirci e spararci. Solo la notte (e neanche) vedeva riporre i costumi. Eravamo completamente calati nella parte. Entravamo nei bar coi cinturoni, i cappelli e gli stivali e li chiamavamo saloon ordinando da bere. Non ce ne vergogniamo.
Questo progetto nasce nell'ottobre del 2011 però avete già solcato numerosi palchi a fianco a gruppi piuttosto affermati, come è stato rapportarsi con loro?
E’ stato un rapportarsi sereno. Fraternizziamo quasi con tutti perché ci piace mangiare e ci piace bere. Il nostro lavoro è solo la scusa migliore per bere e mangiare in compagnia. E’ tanto bello il vivere atavico. Preferiamo lasciare gli intellettualismi e le elucubrazioni alle interviste e a quei periodi di digiuno (forzato).
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Federico Laratta
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