"La spir@le della conoscenza"

Da un apprendimento integrato plurilingue alla nuova era della conoscenza

ROMA, 21 MAGGIO 2013 – Oggigiorno, ancora più che in passato, la scuola è chiamata a svolgere il delicato compito di formare persone in grado di interagire con una società molto più complessa ed esigente, quella che nel “Libro bianco” della Commissione Europea (“Insegnare ed apprendere - Verso una società della conoscenza” – Bruxelles, 1995) viene definita una “Società conoscitiva”, in cui il processo di apprendimento non si esaurisce con la frequenza scolastica, ma si estende fino ad abbracciare l’intero arco della vita. Gli stessi concetti e le medesime esigenze vengono riprese e affrontate nel “Libro bianco sul futuro del modello sociale – La vita buona nella società attiva”, prodotto dal Ministero del lavoro, della salute e delle Politiche sociali nel 2009 (scaricabile dai siti www.ministerosalute.it e www.lavoro.gov.it).[MORE]

Come scrive Martin Dodman in “Educazione plurilingue nella realtà multiculturale”, in quest’ottica diventa fondamentale costruire un curricolo in grado di fornire risposte precise e adeguate per i tempi in cui viviamo. I numerosi flussi migratori che si verificano per motivi di lavoro, di studio, sociali e/o politici, favoriscono la nascita di una dimensione all’insegna della multiculturalità e ormai in molti Paesi il plurilinguismo è diventato una nuova e concreta realtà con cui confrontarsi. Diverse culture, conoscenze, modi di pensare, usi, costumi, vissuti e valori entrano in contatto e coesistono, si aprono nuovi orizzonti, si abbattono barriere mentali e pregiudizi, che invece, prosperano ove sono grettezza e chiusura, si stimolano scambi proficui: questo è lo scenario attuale e lo sarà ancora di più in futuro.
La scuola non può, dunque, prescindere da tale contesto e, pertanto, nel curricolo la lingua straniera non può più essere trattata esclusivamente come oggetto di studi, ma deve essere inteso anche come mezzo per veicolare contenuti. È in tale discorso che si inserisce la didattica CLIL, acronimo coniato nel 1994 da David Marsh e Anne Maljers, che sta per “Content and Language Integrated Learning”. Con tale espressione si indica preferibilmente una metodologia di insegnamento che si avvale di una lingua che non sia quella madre, come mezzo per la trasmissione e l’acquisizione di contenuti di una disciplina non linguistica. La lingua, quindi, diventa solo un veicolo che non contende affatto il ruolo principale e di primo piano che viene, invece, rivestito dal contenuto della materia oggetto di insegnamento.

Lingua madre e lingua straniera devono essere utilizzate dall’insegnante non con un rigido metodo specifico, ma sfruttando un approccio sistemico flessibile ed efficace che faccia appello ad un’ampia gamma di metodologie: activity-based approach, audiovisual aids, storytelling, task-based approach, Total Physical Response, learning by doing, ecc.
La metodologia CLIL è sicuramente la soluzione che consente la formazione dei cittadini che possono integrarsi pienamente in una società plurilingue e di rispondere senza incertezze alle richieste del mercato del lavoro attuale e del futuro, ormai sempre più caratterizzato dalla mobilità. In vista di tale obiettivo, va sottolineata l’importanza che l’insegnamento della lingua straniera sia ad appannaggio di persone preparate, in grado davvero di padroneggiare i mezzi linguistici e gli aspetti culturali della lingua straniera, piuttosto che di insegnanti “sfornati” da corsi che entrano solo in un’ottica di razionalizzazione del personale docente.

Rosangela Muscetta [http://www.economia-conoscenza-itc-km.blogspot.it]