Criminologia

Cyberstalking: La persecuzione nell'era social. E tu sai difenderti

FIRENZE, 13 NOVEMBRE 2018 – La L. n. 38/2009 ha introdotto in Italia il reato di stalking. L’art 612 bis cppunisce infatti “chiunque con condotte reiterate, molesta o minaccia taluno in modo da cagionare un grave e perdurante stato d’ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona legata al medesimo da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”. Il delitto di atti persecutori è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. È fatto salvo il caso in cui il fatto costituisca reato più grave.  

I comportamenti molesti o persecutori tipici dello stalking e considerati pertanto penalmente rilevanti, laddove siano perpetrati dal persecutore (o “cyberstalker” nella sua versione cibernetica) attraverso l’uso delle nuove tecnologie o di strumenti ad esse correlati, integrano il reato di cyberstalking. Insieme al revenge porn(condivisione pubblica di immagini intime – a scopo vendicativo ovvero ritorsivo – tramite internet e senza il consenso della protagonista delle stesse) e allo stupro virtuale su facebook(gruppi chiusi che incitano allo stupro e danno consigli su come violentare le donne, pubblicandone foto private a loro insaputa), lo stalking online fa parte del glossario delle nuove molestie sul web. Nell’era digitale, dunque, la molestia non solo trova terreno fertile nell’ambiente familiare e lavorativo ma, grazie all’uso continuo e prolungato della rete telematica, si è estesa anche al mondo “cyber

Il cyberstalkingrappresenta quindi una nuova devianza comportamentale (definibile ossessivo - persecutoria) caratterizzata da azioni come:

  1.  invio costante e di grande quantità di messaggi alla persona molestata;
  2. diffusione in rete di informazioni dai contenuti lesivi ed offensivi riguardanti la vittima;
  3. invio continuo e spasmodico di email dal contenuto offensivo(c.d. spamming) ;
  4. intrusione nel sistema informatico della vittima di programmi volti a prenderne il controllo(c.d. trojan horse) o a danneggiarlo(in quest’ultimo caso parliamo di virus);
  5. sottrazione dei dati personali delle vittime e sostituzione alle stesse al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio(c.d. identity theft). Il furto di identità o sostituzione di personaè penalmente perseguito dall’art. 494 del cp e spesso è propedeutico ad attività di molestia telematica. La Corte di Cassazione in una recente pronuncia (29 gennaio 2018) ha stabilito che integra il reato di sostituzione di persona l’utilizzo di una foto altrui per il proprio profilo facebook
  6. sostituzione del malintenzionato alla vittima in chat rooms, newsletters, messageboards o siti erotici.A tale attività può seguire la diffusione delle generalità, del numero di telefono ovvero dell’indirizzo di casa della vittima stessa (c.d. impersonificazione della persona offesa).

La molestia assume così nel mondo virtuale la stessa importanza e criticità che ha nel mondo reale.  La comunicazione digitale sembrerebbe favorire l’insorgere del cyberstalking proprio perché abbatte le barriere, non solo territoriali – i comportamenti molesti possono varcare i confini nazionali – ma anche fisiche: il cyberstalker non deve confrontarsi direttamente ed “emotivamente” con la vittima.

Al giorno d’oggi, nonostante si faccia un uso intenso di internet, il cyberstalking è un reato di cui si parla poco. Nel codice penale ovvero in altra fonte giuridica non ne esiste una definizione vera e propria. L’art 612 bis c.p. si limita a prevedere come circostanza aggravante le condotte persecutorie attuate con strumenti informatici o telematici; il cyberstalking costituisce quindi una modalità di estrinsecazione degli atti persecutori che si differenzia solo nei fatti dalla forma “classica” di stalking. Mentre lo stalker “tradizionale” è animato dal desiderio di entrare in contatto con la vittima (attraverso il pedinamento, gli appostamenti sotto casa..), il cyberstalker pratica un “approccio” esclusivamente virtuale(invio continuo di e-mail, accesso a chat anche attraverso falsi nomi..).

In ogni caso, il cyberstalking è pur sempre stalking e gli elementi necessari affinché esso possa integrarsi sono i medesimi: la condotta stalkerizzante deve essere ripetuta e tale da ingenerare ansia e paura nella vittima o comunque tale da indurla a modificare le proprie abitudini di vita.

 Non tutti i comportamenti molesti possono considerarsi persecutori. Si richiede infatti:

  1. coscienza e volontà di realizzare una condotta intimidatoria, indipendentemente dalle finalità concretamente perseguite (dolo generico);
  2. situazione relazionale tra vittima e persecutore che può essere reale o immaginaria (il molestatore può infatti illudersi di aver instaurato un qualche tipo di rapporto con la vittima sulla base di meri “like” sul social network); 
  3.  reiterazione dei contatti intrusivi. Il “cyberspazio” consente all’individuo di superare le inibizioni personali. Il carattere dell’anonimato rende infatti difficile identificare e localizzare i cyberstalkers, che a loro volta usano la tecnologia per cancellare le loro tracce.

 Il terzo comma del 612 bis c.p. prevede un aumento di pena nel caso in cui il fatto sia commesso in danno di un minore. Si evince quindi che può esservi coincidenza tra i comportamenti tipici del bullismo e quelli concernenti lo stalking a condizione che nella fattispecie concreta ricorrano tutti i crismi astrattamente previsti.

La crescente diffusione di questa nuova forma di persecuzione ha fatto si che in alcuni Paesi (Stati Uniti, Australia, Gran Bretagna) siano state istituite associazioni no profit a sostegno delle vittime di cyberstalking (come “Cyberangels”,“Working on Halt Online Abuse”, che studiano altresì l’evoluzione del fenomeno). L’abbattimento delle barriere fisiche e virtuali (si pensi alla tendenza, più o meno diffusa, di georeferenziare le immagini sui vari social network attraverso il noto sistema di “tagging”), come detto, incoraggia gli stalker a spingersi oltre quanto nella vita reale riuscirebbero a fare, con conseguenze potenzialmente dannosissime. 

Foto [google]

Anna Vagli